La chiusura prolungata delle scuole ha imposto ai genitori anche un ruolo “didattico”. Per aiutarli a svolgere questo compito è importante fornire loro strumenti semplici e chiari. Potrebbero rivelarsi utili anche per ridurre le disuguaglianze.

di Maria Bigoni, Stefania Bortolotti, Margherita Fort e Annalisa Loviglio (fonte: lavoce.info)

Cruciale l’età degli studenti

Otto milioni di bambini e ragazzi sono a casa da scuola dal 22 febbraio e non è chiaro quando potranno tornarvi. La scuola sta cercando di rimanere vicina agli studenti: secondo i dati del ministero, circa tre quarti delle scuole hanno attivato iniziative di didattica a distanza, che però non può sostituirsi completamente alla ricchezza dell’interazione in presenza.

Si è molto discusso di dotazioni tecnologiche e di modalità di valutazione degli studenti; è però importante anche riflettere su chi rischia di essere maggiormente colpito da questa situazione e su come ridurre al minimo possibili conseguenze negative di lungo periodo. Oltre al contesto socioeconomico, anche l’età dei bambini rappresenta un fattore cruciale di cui tenere conto.

Se il passaggio forzato alla didattica a distanza rallenterà la formazione per gli studenti di ogni ordine e grado, le conseguenze più rilevanti potrebbero ricadere sui bambini più piccoli: gli investimenti educativi che avvengono nei primi anni di vita sono quelli con un ritorno più alto e hanno un impatto duraturo nel tempo, che va ben oltre la carriera scolastica. Come provato da numerosi studi, tra cui quelli del premio Nobel James Heckman, lo sviluppo del capitale umano è un processo dinamico e alcune competenze risultano più malleabili in giovane età.

Famiglie al centro

Nell’emergenza sanitaria, la responsabilità educativa ricade principalmente sui genitori, che devono farsi veicolo delle attività didattiche e pedagogiche proposte dalla scuola. Sono pronti a rivestire questo ruolo, ne comprendono a pieno l’importanza? Studi recenti indicano che i genitori tendono a sottostimare l’importanza che la propria interazione con i bambini più piccoli ha sul loro sviluppo.

È particolarmente vero per famiglie con un background socio-economico più svantaggiato. Inoltre, i problemi finanziari e lavorativi che colpiscono molte famiglie potrebbero ridurre la capacità dei genitori di concentrarsi sullo sviluppo delle competenze dei figli.

Spunti per fronteggiare l’emergenza

È certamente auspicabile che i bambini possano tornare a interagire tra loro e con gli insegnanti non appena le condizioni sanitarie lo permetteranno, perché le dinamiche di socializzazione e apprendimento che si sviluppano nel contesto scolastico sono insostituibili.

Nel frattempo, però, l’obiettivo da perseguire è quello di fornire un supporto alla genitorialità, in particolare ai genitori dei bambini in età prescolare e della scuola primaria. È importante dare indicazioni e suggerimenti uniformi, chiari e facili da mettere in pratica, per aiutare i genitori ad accompagnare i propri figli in questo momento complicato, stimolandone lo sviluppo cognitivo, motorio e socio-emotivo con modalità compatibili con le limitate risorse di tempo, spazio e denaro oggi disponibili.

Da anni studiosi di vari campi, organizzazioni non governative e istituzioni si occupano di promuovere e valutare l’efficacia di azioni volte a contrastare la povertà educativa (per l’Italia, si veda ad esempio l’iniziativa “Con i bambini”). E una serie di studi scientifici, la cui valutazione di impatto ha fornito risultati promettenti (si veda la tabella 1), si sono focalizzati proprio su interventi diretti ai genitori di bambini piccoli.

Tabella 1

Un primo studio ha coinvolto famiglie con un reddito basso e con figli in età prescolare e ha fornito tablet contenenti centinaia di libri per bambini: la dotazione tecnologica, unita a reminder giornalieri sull’importanza della lettura e a stimoli a fissare obiettivi in termini di tempo di lettura settimanale, ha portato in media a un raddoppio della frequenza della lettura, con effetti più marcati per i genitori che prima dell’esperimento passavano meno tempo con i figli e tendevano a dare meno importanza al futuro.

Gli studi di Susanna Loeb e dei suoi colleghi prevedono invece l’invio ai genitori di sms per suggerire attività volte a sviluppare competenze matematiche, linguistiche e socio-emozionali. Le attività sono disegnate in modo da integrarsi bene con la routine quotidiana (preparare la tavola, ordinare la stanza, per esempio), sono dunque semplici da mettere in pratica. I primi risultati positivi ottenuti da questo tipo di protocollo hanno indotto la behavioral unit del Regno Unito a finanziare ulteriori test e a mettere a disposizione una app gratuita per i genitori. L’efficacia di programmi simili è stata documentata anche nel contesto dei compiti per le vacanze estive.

Nel nostro paese, la realizzazione di un programma di supporto alla genitorialità di questo tipo si integra bene con l’impegno del ministero dell’Istruzione a fornire accesso a Internet e tablet a tutte le famiglie, ma potrebbe anche essere attuata tramite altri canali, quali ad esempio la televisione (come già suggerito da Paolo Sestito)

Lo sviluppo, a livello nazionale, di strumenti dall’utilizzo semplice e “leggero” può essere utile a genitori che faticano a orientarsi tra le numerosissime e variegate proposte che ora ricevono. La difficoltà nel discernimento e nella scelta può essere particolarmente seria per quei genitori che hanno meno tempo e meno strumenti a disposizione, e questo rischia di amplificare l’eterogeneità a livello socio-economico, ampliando i divari.

Un intervento di supporto alla genitorialità nato dall’emergenza Covid-19 potrebbe avere effetti duraturi, che si protraggono anche oltre l’emergenza. Favorirebbe così la diffusione di abitudini e di modalità di interazione tra genitori e figli che possono perdurare anche in futuro, contribuendo a ridurre le disuguaglianze.

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