Al 75esimo anniversario della vittoria dell’Urss contro l’invasione nazista, che è stato celebrato il 9 maggio, nella città di Tver, a metà strada tra Mosca e San Pietroburgo, viene cancellata la memoria del massacro di Katyn, considerato dagli storici come un crimine di guerra sovietico e che continua ad essere un tema che avvelena le relazioni tra la Russia e la Polonia.

La foresta di Katyn vicino Smolensk è stato il primo sito ritrovato della fucilazione di massa di 22mila cittadini polacchi dalla polizia segreta Nkvd tra aprile e maggio del 1940. Venne scoperto nel 1943 dalle truppe naziste e per questo ha dato il nome comune ai diversi massacri decisi il 5 marzo del 1940 dal Politburo del Comitato centrale del Pcus, per sterminare coloro che erano stati considerati “nemici del regime sovietico”.

Gli ufficiali e funzionari polacchi furono fatti prigionieri dopo l’invasione della Polonia da parte dall’Armata rossa nel settembre del 1939, in seguito al Protocollo segreto del Patto Molotov-Ribbentrop, definito nel 2019 dall’allora ministro della Cultura russo, lo storico Vladimir Medinskij, “il trionfo diplomatico dell’Urss”. Ma nonostante il massacro di Katyn sia stato condannato ufficialmente in Russia, le tesi revisioniste al riguardo persistono.

Il 7 maggio dalla sede dell’Università di Medicina di Tver, che nel 1940 ospitava la direzione regionale e la prigione dell’Nkvd, è stata rimossa una targa dedicata alla memoria dei 6,3mila polacchi che, secondo la ricostruzione degli storici, erano stati portati dal vicino campo di internamento di Ostashkov, giustiziati durante la notte e seppelliti in un bosco a 30 chilometri dalla città, nei pressi del villaggio Mednoje. Sul luogo del massacro, dove nel corso delle esumazioni negli anni Novanta furono trovati resti di più di 2mila persone e tanti artefatti polacchi, sorge oggi un complesso memoriale. Dalla facciata dell’Università è stata tolta anche una lapide che commemorava le vittime delle repressioni staliniane transitate dal carcere dell’Nkvd.

È stata la procura locale a disporre la rimozione citando un vizio di forma ossia il numero civico non corrispondente per quanto riguarda la lapide dedicata alle vittime delle purghe e la mancanza di prove documentate sui luoghi dell’eccidio e della sepoltura dei polacchi. In seguito i media locali hanno pubblicato un comunicato stampa diffuso da un indirizzo mail riconducibile all’amministrazione regionale.

Nel testo la rimozione della lapide è spiegata con la tesi nota come la menzogna di Katyn” secondo cui il massacro sarebbe un “falso storico” e i polacchi furono uccisi non dai sovietici, ma dai nazisti per screditare i societici agli occhi degli alleati. Così affermava l’Urss finché mezzo secolo dopo Mikhail Gorbachev non riconobbe la responsabilità dell’Unione Sovietica dell’eccidio.

Le prove del massacro dei polacchi a Tver ci sono e sono pubbliche, ma la procura non ha voluto consultarle, spiega a ilfattoquotidiano.it Sergej Glushkov, membro della sede locale dell’associazione per i diritti umani Memorial. Glushkov, tra gli anni Ottanta e Novanta si è battuto per restituire la memoria alle vittime locali delle purghe e ha seguito la scoperta delle fosse comuni dei polacchi. L’attivista cita il filmato dell’interrogatorio del 1990 del capo regionale della Nkvd ai tempi del massacro, Dmitrij Tokarev, sentito nell’ambito dell’inchiesta della Procura generale militare dell’Urss. Glushkov spiega anche che il campo di Ostashkov non fu mai occupato dai nazisti, mentre lo stesso Mednoje era sulla linea del fronte, e quindi la tesi dei revisionisti sulla responsabilità dei tedeschi nell’eccidio è priva di fondamento. “È un attentato alla nostra storia”, dice Glushkov e aggiunge: “Quando la storia si mischia con la politica, questo porta alla distorsione della verità”.

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