La Regione Lazio vuole togliere l’accreditamento a una delle Rsa di Antonio Angelucci, dove si contano almeno 125 anziani positivi al Covid-19. L’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, infatti, ha dato il via al procedimento amministrativo di revoca della convenzione con il sistema sanitario regionale per la casa di cura San Raffaele di Rocca di Papa – in provincia di Roma – una delle tredici strutture del Lazio che fanno capo al gruppo di cliniche di proprietà del deputato di Forza Italia ed editore dei quotidiani Libero e Il Tempo. Nella giornata di giovedì, il conto trasferito dalla Asl Roma 6 alla centrale al Seresmi – servizio regionale per l’epidemiologia, sorveglianza e controllo delle malattie infettive – vedeva 125 casi positivi, 17 decessi e 104 trasferimenti in altre strutture. Ci sono altre due Rsa del gruppo San Raffaele oggetto in queste settimane di provvedimenti della Asl: quella di Cassino, in provincia di Frosinone, e quella di Monte Compatri, alle porte della Capitale. Sulla situazione di Rocca di Papa è aperta un’inchiesta della procura di Velletri.

La relazione choc della Asl – Le prime avvisaglie nella clinica di Rocca di Papa emergono intorno al 3 aprile, anche se l’emergenza vera e propria scatta il 9 aprile. Il 16 aprile, dopo i rilievi della Regione, viene rimosso il direttore sanitario Gianni Rocchi, “sprovvisto dei titoli necessari” per ricoprire quel ruolo. Ma il caos vero e proprio scoppia il 19 aprile, quando la Asl protocolla una durissima relazione, consegnata ai vertici regionali, dalla quale emergerebbero gravissime mancanze da parte dei vertici della clinica. Nel reparto lungodegenza medica, “i posti letto al primo piano (11) risultano vuoti, mentre al piano terra sono così occupati: 13 posti letto con pazienti ‘No-Covid’ e 29 con pazienti ‘Covid-19”. Nella zona Rsa, invece, “piano primo, reparto con 80 posti letto, presenti 72 degenti di cui 44 positivi al Covid 19 e 28 negativi”. Inoltre vengono rilevati: “Mancata separazione dei reparti tra degenti Covid e No Covid”, “assenza di percorsi assistenziali e di servizio differenti per pazienti Covid e No Covid”, “assenza di personale assistenziale dedicato specificatamente o ai pazienti Covid o ai pazienti No-Covid”, “presenza di locali non adeguati per la vestizione e la vestizione degli operatori sanitari”, “assenza di idonea separazione all’interno dei reparti tra i percorsi ‘pulito’ e ‘sporco’”, “mancato controllo del confinamento dei pazienti Covid positivi, con relativa commistione fra pazienti positivi e negativi”. Infine, alla data della relazione mancava anche il “monitoraggio giornaliero del personale in servizio e numero di degenti”.

La replica del San Raffaele: “Pronti a difenderci” – La possibile revoca dell’accreditamento sarebbe un colpo al cuore per il gruppo di Angelucci, che al contrario aveva fatto richiesta a fine marzo per autorizzare il suo laboratorio dell’Irccs Pisana ad effettuare tamponi e test sul sangue. “Ci difenderemo nelle sedi opportune”, fanno sapere dal gruppo alla richiesta de ilfattoquotidiano.it di replicare alle notizie che arrivano dalla Regione Lazio, lasciando intendere che i legali stanno studiando se e in quali termini impugnare il provvedimento. Nelle scorse settimane, il gruppo San Raffaele aveva anche fatto sapere di aver chiesto per tempo ai vertici del Dipartimento sanità di eseguire i tamponi ai propri pazienti. Nei report consegnati dai vertici della Rsa, invece, si afferma che i risultati dei test Covid sarebbero arrivati “solo tre giorni dopo la loro effettuazione”, lasciando intendere che i controlli sarebbero arrivati in maniera tardiva.

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