Rosso, bianco, verde e giallo. Sono le categorie di gravità in cui vengono divisi i pazienti seguiti da Telecovid, il progetto di telemedicina avviato dall’Asst di Lodi con il supporto di Medici Senza Frontiere e dell’azienda Zucchetti. I quattro colori hanno significati molto diversi. Rosso: il paziente riscontra alterazioni importanti dei valori ed è necessario intervenire per portarlo in ospedale. Bianco: il paziente è stabile e non ha più bisogno di un monitoraggio telematico. Verde e giallo: le condizioni del paziente richiedono un approfondimento, che può svolgersi o con una telefonata dalla centrale operativa o con l’invio di personale sanitario per una visita domiciliare. In un mese circa, i pazienti coinvolti sono stati 228. Fra questi, 13 sono risultati codici rossi e sono stati subito trasferiti in ospedale. “È un programma pensato per chi si trova in fase non acuta e ha una situazione clinica che non richiede l’invio in ospedale. L’idea infatti è proprio questa: lasciare all’ospedale i pazienti più gravi ed evitare di sovraccaricarlo con casi meno complessi che non necessitano di una gestione intensiva. Così è possibile ottimizzare le proprie risorse”, spiega Stella Egidi, referente medico per Medici Senza Frontiere Italia. Segue le operazioni di Telecovid da remoto.

Il progetto ha preso il via da una collaborazione tra l’azienda socio sanitaria territoriale di Lodi e l’azienda Zucchetti: quest’ultima ha donato all’Asst il proprio software di telemedicina, Zcare. Medici Senza Frontiere, inviata nel lodigiano dalla task force del governo, ha messo a punto un algoritmo che raccoglie i dati ricavati da Zcare e inquadra lo stato clinico del paziente, per indirizzarlo poi verso il tipo di assistenza che deve ricevere.

“Funziona così. Alle persone sottoposte a isolamento domiciliare viene dato un saturimetro e viene chiesto di inviare a una centrale operativa alcuni parametri vitali: temperatura, frequenza cardiaca e saturazione. Il tutto due volte al giorno, mattina e pomeriggio”, spiega la dottoressa Egidi. I pazienti sono poi divisi nelle categorie di gravità (rosso, bianco, verde e giallo) e seguiti di conseguenza. “Il progetto rientra in una serie di interventi che mirano a rinforzare la componente extraospedaliera, potenziando l’assistenza sul territorio. Ovviamente è fondamentale rinforzare gli ospedali stessi, ma è anche importante capire cosa bisogna fare per evitare che vengano sovraccaricati”, prosegue Egidi. In questo senso Medici Senza Frontiere si sta attivando anche in altre aree d’Italia. “Nelle Marche per esempio ci stiamo impegnando per supportare le Usca (Unità Speciali di Continuità Assistenziale, ndr) che si occupano di monitorare il paziente a domicilio. Stiamo cercando di incrementare l’uso dell’ecografo portatile come strumento diagnostico: soprattutto per quanto riguarda il Covid, l’ecografia polmonare si è rivelata molto utile. Sia per la diagnosi sia per controllare eventuali peggioramenti. Il suo impiego extraospedaliero può essere molto valido per distinguere casi gravi e non, ed è possibile usarlo a domicilio proprio perché è portatile. È grande come una valigetta”.

Intanto, parallelamente, Medici Senza Frontiere svolge l’attività di educazione sanitaria rivolta ai cittadini, alle forze dell’ordine e alle associazioni del terzo settore che lavorano per dare un sostegno alla popolazione. La parola chiave è sempre territorio: “Credo sia uno degli aspetti su cui la medicina del futuro dovrà investire, anche al di là del Covid”, conclude la dottoressa Egidi.

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