“Chiediamo alla comunità scientifica di aiutarci a evitare che si sviluppi un business senza freni sui test sierologici non certi che, invece, stanno correndo veloci in nome della scienza”. Così il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, replica al responsabile del Coordinamento Regionale Emergenze Epidemiologiche in Puglia, Pierluigi Lopalco, in materia di certezze scientifiche sui test sierologici o per quelli in grado di dimostrare forme di immunità dal coronavirus.

Continua, quindi, il botta e risposta tra il ministro e il professore. Dopo la richiesta di Boccia di avere certezze inconfutabili, Lopalco aveva sottolineato: “La scienza non funziona così. Purtroppo le evidenze scientifiche si costruiscono lentamente e con fatica. Verità con la V maiuscola non ce le possiamo inventare“. Il ministro ha poi aggiunto, su questo:”Sono d’accordo con lui”.

Se in alcuni paesi europei come la Francia o la Norvegia si è deciso un lento ritorno alla normalità che comprende la riapertura delle scuole, in Italia è molto probabile che in classe per la fine dell’anno scolastico non si tornerà più. In questo senso si sono pronunciati, in questi giorni, autorevoli esperti sanitari – sempre precisando che la decisione spetta ovviamente al Governo. Sulla ripresa delle attività “non saprei perché gli altri Paesi hanno preso una strada diversa. Secondo me – dice Lopalco in collegamento con Agorà su Rai -. riaprire le scuole subito è rischioso perché le scuole sono un nucleo di circolazione del virus particolarmente efficiente. Credo che noi stiamo facendo bene a non riaprire le scuole, la ripartenza deve essere fatta in sicurezza”.

Per il professore Lopalco, per la riapertura “dobbiamo lavorare su due fronti: ristrutturare le attività produttive perché siano messe in sicurezza e avere la certezza di governare il territorio dal punto di vista della sanità. Perché al primo segno di focolaio epidemico bisogna intervenire”.

Chiede cautela sulla ripartenza dell’Italia Walter Ricciardi, componente membro dell’executive board dell’Oms e consulente del ministero della Salute sull’emergenza Coronavirus, che in un’intervista a Il Mattino invita a non farsi prendere da facili entusiasmi, sottolineando che per il calcio e il turismo la ripresa avrà “tempi lunghi”. “Non capisco tutto questo ottimismo. Dobbiamo riflettere con attenzione sulla cosiddetta fase 2. La normalità ci sarà soltanto quando avremo un vaccino. Ora non si deve abbassare la guardia”.

Questa è la lezione della Cina, che “sta già richiudendo dopo i primi cento casi di nuovi contagi. Noi cento casi, e molti di più, li abbiamo ogni giorno”. Quanto a Francia e Spagna che hanno annunciato la fine del lockdown “stanno assumendo delle decisioni azzardate – risponde Ricciardi – delle quali si pentiranno amaramente nelle prossime settimane”. E allora, in Italia quando sarà possibile parlare di una ripresa? “Vedremo dopo il 3 maggio e con molta prudenza. Poi, è chiaro, le decisioni le adotterà il governo, la comunità tecnico-scientifica darà delle indicazioni. Ma certamente non ci sarà il liberi tutti”, precisa ribadendo “niente assembramenti, dobbiamo difendere la nostra salute” alla domanda se quest’estate riusciremo ad andare al mare.

Dopo il 3 maggio le fabbriche potranno riaprire? “Probabilmente sì se verranno rispettati determinati standard di protezione individuale e distanziamento. I modelli che stiamo studiando – prosegue Ricciardi – sembrano andare in questa direzione”. E potremo andare in palestra o al ristorante? “Si tratta di luoghi chiusi. Se per i ristoranti potrà essere fatta una valutazione con determinate prescrizioni di sicurezza, per le palestre credo sia più complicato”. “Credo che una riflessione accurata debba essere fatta sui trasporti, specie il trasporto pubblico locale. Migliaia di persone utilizzano questo sistema per spostarsi, per andare al lavoro. Certamente occorrerà adottare altre limitazioni”.

Il calcio e le attività sportive potranno riprendere? “Allo stato attuale non ne vedo le condizioni”, risponde Ricciardi, che spiega: “Il calcio è uno sport che prevede contatti fisici, emissioni di liquidi e sudore. Non mi sembra prudente. Poi, non dimentichiamo che gli atleti sono dei lavoratori, dunque bisogna mettere in atto adeguate misure di protezione anche della loro salute”. L’esperto sottolinea l’importanza dei “test e il tracciamento. Dobbiamo coniugare l’aspetto della verifica delle condizioni della popolazione sotto l’aspetto sanitario e tracciarne gli spostamenti, ricostruire i contatti con l’ausilio delle tecnologie. Non c’è altra strada. La direzione è questa. Dovremo andare verso il rilascio di un passaporto digitale“, conclude. E ribadisce: “Non ci sono elementi per giustificare alcun allentamento delle misure sin qui adottate”.

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