“Potrebbero essere considerate modalità di tracciamento dei finanziamenti erogati, quali l’obbligo di convogliare i finanziamenti con garanzia pubblica su conti dedicati“. E’ la proposta di Bankitalia per ridurre almeno in parte i rischi aperti dal decreto liquidità, che secondo i procuratori capo di Milano e Napoli va modificato per evitare che apra la strada a “un imponente trasferimento di soldi pubblici a imprese governate da interessi opachi o illeciti“. Palazzo Koch dal canto suo “verificherà che le banche valutino con la dovuta cautela le richieste provenienti da soggetti caratterizzati da profili di rischio elevato“. Cautele che devono andare però insieme a una necessaria accelerazione delle erogazioni, perché tra marzo e luglio “il fabbisogno aggiuntivo di liquidità delle imprese ammonterà a circa 50 miliardi”.

In attesa che il governo intervenga in sede di conversione, il capo del dipartimento di Vigilanza bancaria e finanziaria di via Nazionale Paolo Angelini in audizione davanti alla commissione di inchiesta sul sistema bancario ha ribadito che gli intermediari devono “continuare a sottoporre la clientela a tutti gli obblighi previsti dalla disciplina in materia di antiriciclaggio” e “valutare – sia in sede di concessione del finanziamento, sia nella fase di monitoraggio – che i fondi siano effettivamente destinati a fornire le imprese della provvista necessaria a far fronte ai costi di funzionamento o a realizzare verificabili piani di ristrutturazione industriale e produttiva“.

Poi ha proposto, appunto, che chi accede a un prestito con garanzia pubblica debba almeno farlo depositare su un conto ad hoc: “Queste misure agevolerebbero i controlli a posteriori sul rispetto dell’obbligo di destinazione dei flussi finanziari previsto dalla legge e permetterebbero azioni di rivalsa in caso di falsa dichiarazione”. Si tratta di uno dei punti deboli evidenziati da Francesco Greco e Giovanni Melillo nel loro intervento sui pericoli legati alla massiccia iniezione di liquidità con garanzie pubbliche senza adeguati controlli.

Lo conferma oggi in un’intervista al Mattino Franco Roberti, europarlamentare del Pd ed ex procuratore nazionale antimafia, secondo cui la criminalità organizzata “è interessata ai finanziamenti agevolati e garantiti dallo Stato” perché “sono soldi freschi che incrementano i capitali dei boss, ma soprattutto perché si tratta di soldi puliti che è possibile reinvestire e far fruttare legalmente. Dunque sì a conti dedicati e “autocertificazioni che devono assicurare l’assenza di precedenti penali e la mancanza di altre fonti di finanziamento, che magari sono nascoste in paradisi fiscali, ma questi obblighi non bastano. Dobbiamo ricordare che i criminali agiscono sempre tramite prestanome. Quindi le banche dovrebbero avvalersi di altri elementi per capire se dietro il richiedente del prestito c’è qualcun altro. Bisognerebbe, quindi, individuare il titolare effettivo del rapporto“. Potrebbe essere utile, “per i finanziamenti da una certa soglia in poi, un collegamento informativo tra il sistema bancario e la banca dati della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, come già avviene per le segnalazioni di operazioni sospette, attraverso l’unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia”.

257 comunicazioni di lamentela o richieste di informazioni – L’audizione è legata al fatto che il 29 marzo il Ministero dell’Economia ha costituito una task force di cui oltre al Tesoro fanno parte Abi e appunto Bankitalia, per “assicurare l’efficiente e rapido utilizzo delle misure di supporto finanziario alle famiglie e alle imprese adottate dal Governo”. Finora a via Nazionale ha ricevuto 257 comunicazioni tra “lamentele riferibili alla mancata concessione dei benefici previsti” (meno del 60 per cento). “richieste volte a ottenere tali benefici, inviate alla Banca d’Italia solo per conoscenza” e richieste di informazione di carattere generale. Una seconda fonte di informazioni deriva “dall’analisi dei principali social media”. Una terza fonte è costituita dalle email indirizzate da cittadini alla casella funzionale appositamente attivata dalla Commissione d’inchiesta e messa a disposizione della Banca d’Italia.

Emerge, nota Bankitalia, “una generalizzata esigenza di assistenza e informazioni sugli strumenti introdotti dai DL e di semplificazione e miglioramento delle procedure per l’accesso agli stessi; ci sono poi lamentele riguardanti la chiusura degli sportelli bancari sul territorio, i ritardi da parte degli intermediari (in particolare, per la concessione della sospensione dei mutui) e alcuni limiti nei provvedimenti governativi (come lungaggini procedurali per il credito alle PMI, nonché requisiti e condizioni per l’accesso alla moratoria mutui)”.

“Le banche riaccreditino le rate prelevate a chi ha chiesto moratoria” – Tuttavia “alcuni problemi che si sono verificati in una fase iniziale dell’emergenza sembrano essere stati superati“. Per far fronte alle esigenze manifestate dai cittadini, lo scorso 10 aprile la Banca d’Italia ha chiesto alle banche di intensificare gli sforzi per favorire la rapida attuazione delle misure e assicurare assistenza e informazioni alla clientela. In particolare, “abbiamo chiesto di garantire l’operatività delle filiali quando sussistano difficoltà a fornire servizi da remoto o per evitare spostamenti in comuni diversi; fornire rapidamente istruzioni chiare alle reti sulle modalità di attivazione delle misure governative; disporre le operazioni di riaccredito delle eventuali rate di prestiti o mutui addebitate pur in presenza di una domanda di moratoria; rimuovere qualsiasi onere a carico della clientela non compatibile con le previsioni normative emergenziali.

Gli intermediari sono stati inoltre invitati a valutare l’opportunità di estendere le iniziative di sostegno, su base volontaria, anche a favore di categorie di soggetti in situazione di difficoltà e a tipologie di rapporti che al momento non beneficiano delle misure adottate dal governo.

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