“Dio esiste?”. E’ una domanda ricorrente nella storia e oggi diventa ancora più ridondante davanti a una Italia piegata da un nemico invisibile. Una malattia, un virus, che non possiamo toccare o vedere ad occhio nudo ma di cui sentiamo la potenza drammatica nel numero dei morti che fa ogni giorno.

Il Coronavirus è presente, evidente. E’ tangibile come lo sono le guerre che continuano a mietere vittime su vittime. Di pari passo all’aggravarsi del dramma, l’essere umano cerca con ancora più insistenza una risposta salvifica nell’innaturale. Perché non c’è una legge naturale e logica che possa far terminare il dolore!

Da questo bisogno di conforto, nato con il nascere dell’uomo, hanno attecchito le prime religioni fino ai tempi moderni e con loro sono nate le figure dei sacerdoti, dei loro rappresentanti. Sono proprio questi a darci il conforto che cerchiamo. Loro invocano Dio, riaffermando la sua immanenza, che non ci sembra presentarsi all’appuntamento. Eppure ci sfuggono la potenza delle parole, quelle dette prima dell’invocazione dell’Essere: come quelle di Papa Francesco.

San Pietro ieri era vuota. Ma nell’assenza c’è la presenza di uno spirito che è quello della collettività, del noi. Il Papa ha detto che è venuto “il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è”. E’ un invito che suona come la chiamata a ritornare a ciò che è indispensabile, tornando a guardarsi dentro.

La quarantena, brutta, orribile, che ci priva di molte libertà, ci dona la possibilità di stare in silenzio e di guardarci dentro (da quanto non lo facciamo?). Ma è anche un invito a lasciare il capitalismo e tornare all’essenzialismo. Non è, come ha sostenuto qualche giorno fa il filosofo Slavoj Žižek, il momento di tornare a un “nuovo comunismo”. Bensì è giunta l’ora di tornare a un noi-smo: comunità del noi.

In questo senso, il Papa ha poi elogiato quelli di cui ci siamo dimenticati troppo a lungo. Sono coloro che stanno scrivendo “gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo”. E ha ricordato che “davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: ‘che tutti siano una cosa sola”.

Essere una cosa sola, una comunità di individui che si aiutano a vicenda è molto più importante che chiedersi oggi: “Dio esiste?”.

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