La mia speranza è che di questo virus ci si possa liberare in non più di tre mesi dal momento dell’applicazione di determinate regole. E ho già dato un termine agghiacciante. Non è e non sarà una cosa breve. Se lo sarà, sarò il primo a essere felice e a fare una festa”. Sono le parole di Massimo Galli, primario del reparto Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, nel corso della trasmissione “Il mio medico”, su Tv2000.

Circa la diffusione dell’emergenza anche nel Sud, Galli osserva: “Non sono affatto scaramantico, ma in questo momento ho le mani dietro la schiena e sto incrociando le dita. La battaglia a Milano è fondamentale perché il Paese possa uscire da questa storia presto. Quindi, direi che è importante avere una situazione che non ci costringa ad aprire altre decine di fronti, tanto più in territori in cui la struttura sanitaria è, per molti aspetti, oggettivamente più debole. Non sto facendo un discorso da settentrionale contro il Sud, ma è proprio l’opposto. La gente del Sud dal punto di vista sanitario ha ricevuto molto di meno di quello che avrebbe avuto il dritto di ricevere dai suoi governanti e dalle organizzazioni locali”.

E aggiunge: “Il vaccino è una speranza. Ci sono almeno 18 programmi aperti per arrivare al vaccino. Ci sono varie dichiarazioni che si susseguono a riguardo e io mi auguro che ci sia del vero più o meno in tutte. Sicuramente qualcosa verrà fuori, ma dubito che si sia in grado di delimitare e di circoscrivere l’epidemia di oggi, nonché di superarla, attendendo il vaccino. Il vaccino verosimilmente, a essere fortunati, arriverà dopo l’estate, non prima. E anche se arrivasse prima, passerebbero comunque dei mesi”.

L’infettivologo ribadisce che il conteggio attuale non include tutte le persone infettate dal coronavirus, ma solo quelle gravate dai sintomi del virus, motivo per il quale è difficile fare una previsione su quando ci sarà il picco. E spiega: “In base a quanto successo a Wuhan, secondo me, non siamo vicinissimi al picco. E mi riferisco in particolare alla Lombardia. A Wuhan i primi segnali di riduzione dei problemi si sono registrati dopo il 10 marzo, avendo iniziato a delimitare l’infezione attorno al 10-15 gennaio. Se, quindi, le nostre misure funzionano, dobbiamo aspettare tre mesi. Ma si tratta di un’affermazione importante, perché tre sono i mesi che ci sono voluti a Wuhan”.

Finali raccomandazioni di Galli a chiosa dell’intervista: “Bisogna avere pazienza, perché rimanendo sul proprio divano si fa qualcosa di utile per se stessi e per gli altri. Limitare l’ulteriore estensione dell’infezione si fa soltanto stando separati dalla gente e stando a casa. Non ci sono vere alternative a questo. Altro elemento fondamentale è che i medici di base stiano vicini alla gente a casa. Bisogna, cioè, perfezionare gli interventi e la coordinazione della medicina territoriale. E’ importante la vicinanza alla gente che sta a casa, vicinanza non fisica, ma magari telematica o comunque mediata da altri strumenti di intervento”.

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