Quando la paura diviene intensa il cervello razionale, per intenderci la corteccia cerebrale, viene soppiantata dal cervello viscerale, principalmente localizzato nel tronco cerebrale e, in parte, dal cervello emotivo, grosso modo individuabile nel sistema limbico.

La componente viscerale reagisce con risposte primitive precostituite in cui prevalgono i comportamenti di attacco e fuga: individuare un nemico, il cinese o il lombardo, e fuggire dalla situazione per scappare dove c’è qualcuno che ci tranquillizza. L’irrazionalità ci può portare a recarci in modo sconsiderato al pronto soccorso o dal medico di famiglia per cercare rassicurazione. Proprio le sale d’attesa dei medici però, paradossalmente, in questo momento risultano i luoghi più a rischio.

La componente emotiva evoca emozioni ancestrali, racchiuse nella storia dell’umanità dei secoli scorsi, per cui se abbiamo la febbre e la tosse ci sentiamo degli untori e ci auto-accusiamo di essere sofferenti. La vergogna e la paura per cui vorremmo tenere celata la nostra malattia vissuta come infamante.

In un non lontano passato la peste veniva vissuta come conseguenza dei peccati dell’uomo e, per riscattarsi si facevano atti penitenziali, come quello di autoflagellarsi. Inoltre venivano bruciate le streghe o uccisi coloro che si ritenevano colpevoli della diffusione del morbo. Il senso di impotenza verso un pericolo che non si vede, impalpabile e subdolo, può ingenerare rilevante angoscia. Per questo motivo, oltre agli interventi sanitari, occorre reagire cercando di trovare modi per rendere il virus meno nascosto e impalpabile.

Per questo, vorrei proporre agli sviluppatori di applicazioni per il telefonino un progetto inerente alla prevenzione della diffusione del coronavirus.

In sintesi occorre una app – che si potrebbe chiamare “virus prevention” – installabile su base volontaria, che riconosca i telefonini dotati della stessa applicazione che si avvicinano a meno di due metri dal telefonino dell’interessato e ne registri per quindici giorni il contatto. Nel caso in cui la persona in questione si ammalasse o risultasse positiva al coronavirus, costui avrà la possibilità di avvertire, se vorrà, tutti i suoi contatti delle ultime due settimane.

Questa opportunità che la tecnologia ci permette di avere a disposizione potrebbe essere fattibile, visto che la quasi totalità delle persone gira ogni giorno col telefonino in tasca o nella borsetta. Da un punto di vista medico sarebbe oltremodo utile in quanto permetterebbe, in brevissimo tempo, di avvertire i potenziali contagiati da un nuovo caso di malattia. Costoro potrebbero e dovrebbero porsi immediatamente in un’autoquarantena che andrebbe da uno a 14 giorni, a seconda della data del contatto per ridurre il rischio di ulteriori contagi. Inoltre, essendo avvertiti della possibile malattia, potrebbero ricercare misure di riduzione del danno: come in tutte le malattie, infatti, si instaura una lotta fra il virus e il sistema immunitario del contagiato.

Se il potenziale contagiato, consapevole del contatto, pone in essere accorgimenti atti a rinforzare le sue difese come dormire molto, mangiare bene, non esporsi a stress intensi psicofisici , stare al caldo è probabile che la malattia, pur manifestandosi, risulti meno grave. Per chi non riceve alcuna segnalazione dall’app il senso di paura calerebbe, permettendo una riduzione dell’ansia.

Tutte le possibilità che questa tecnologia ci può offrire sarebbero rigorosamente su base volontaria, ma se si diffondessero in una comunità potrebbero fare la differenza per aiutare nella ricerca delle persone fino a quel momento asintomatiche.

Da un punto di vista psicologico, inoltre, questa applicazione darebbe ad ognuno di noi la sensazione di stare facendo qualcosa per prevenire la malattia e la percezione di poter “vedere” il virus e i suoi percorsi di diffusione nella popolazione. Anche gli epidemiologi potrebbero meglio comprendere quali contesti abitativi o di relazione sociale risultano facilitatori nella diffusione della malattia e quali invece sono meno problematici.

Se questa app risulterà inutile almeno avremo l’idea di aver provato a sconfiggere questo subdolo nemico.

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