Abbiamo rinunciato a baciarci. Ad abbracciarci. A fare l’amore. Abbiamo rinunciato a una carezza. E infine abbiamo rinunciato al gesto che ci fa sentire umani: dare la mano. Stiamo rinunciando a dare una mano alle nostre mamme, a tendere una mano ai nostri papà. Agli anziani, ai figli lontani, alle nostre compagne per i tanti che sono costretti a vivere in luoghi distanti. In pochi giorni abbiamo conosciuto la condizione di una vita solitaria. Eppure la stiamo accettando.
Non sono sacrifici materiali, non siamo costretti a scappare nei rifugi, come i nostri nonni al tempo della guerra. Non c’è una carestia che ci insegue ma un virus misterioso e cattivo. Perciò stiamo rinunciando al gesto più estremo e simbolico della nostra umanità: dare la mano, stringerci la mano.
Un sacrificio così grande, perché così alto, incide non solo sullo stile di vita ma sul senso stesso della vita. Eppure tutta questa dose di umanità perduta, tutto questo sacrificio trova la sua umiliazione nella miseria di un egoismo incontrollabile.
Due Paesi a noi vicini, la Francia e la Germania (non conosco se nella lista ci siano altre nazioni), hanno requisito tutte le mascherine che le loro aziende producono. Servono a loro, ai loro concittadini. Sappiamo che la mascherina non è una difesa attiva, è presidio indispensabile solo per i sanitari e per chi, ammalato, deve assumere atteggiamenti di una estrema cautela.
In Italia sembra non ci sia azienda che le produca. Abbiamo quindi dovuto montare una linea produttiva, con costi e tempi di fornitura più lunghi del dovuto. I francesi, i tedeschi, gli amici europei avrebbero potuto e dovuto dimostrare più generosità. Una porzione delle mascherine, il minimo, il necessario, avrebbe messo noi, nel pieno della crisi sanitaria, in condizione di difenderci meglio, senza procurare a loro danno alcuno. Avremmo avuto il tempo di restituire le mascherine ricevute. Avremmo tutti avuto più fortuna.
Invece questa grande miseria. L’Europa ci fa capire oggi il valore di un piccolo aiuto, di un pezzo di stoffa.
L’Europa si toglie la maschera, anzi la mascherina.
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