L’emergenza coronavirus continua, la scuola italiana chiude fino al 15 marzo in tutta Italia. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha garantito: “Mi impegno a far sì che il servizio pubblico essenziale seppur a distanza venga fornito a tutti i nostri studenti”. Intanto in diversi istituti ha già preso il via la didattica a distanza, lo strumento indicato anche dal ministero dell’Istruzione per affrontare l’emergenza. C’è chi era preparato, chi sta incontrando più difficoltà e spera di tornare prima possibile alla normalità. “Una cosa è certa – spiega il prof. Angelo Bardini, che ha collaborato al Piano Nazionale Scuola Digitale del 2015 ed è attualmente Ambassador dell’Indire –, la didattica a distanza non può e non potrà mai sostituire quella tradizionale. Può però essere un’alternativa in una situazione straordinaria come questa, e un formidabile strumento di integrazione in condizioni normali”. Proprio per questo la chiusura forzata rappresenta per certi versi un’opportunità di modernizzazione per la scuola, ma rischia di diventare un enorme problema se dovesse prolungarsi troppo.

PROGRAMMI E LEZIONI SUL SITO DEL MIUR
Per gli istituti al momento non c’è nessun obbligo di attivare le lezioni da casa: è una scelta autonoma, per non interrompere completamente l’attività e magari non farsi trovare impreparati nel caso in cui la situazione dovesse precipitare. Per questo, dopo aver attivato una “task force”, il Miur ha messo a disposizione sul suo sito una pagina dedicata alla didattica a distanza. C’è più o meno tutto ciò che serve per muovere i primi passi: dei mini-corsi online per presidi e docenti realizzati da Indire (l’Istituto nazionale di innovazione e ricerca), le piattaforme Microsoft su cui simulare le “classi virtuali”, i materiali multimediali Rai, Treccani e Fondazione Reggio Children per arricchire le lezioni. Martedì, al primo giorno online, sono state registrate oltre 500 presenze sui webinar Indire, dato accolto con soddisfazione a viale Trastevere.

MANCANZA DI CONTATTO E VALUTAZIONE
Al netto del gap tecnologico che riguarda tanti istituti, anche una didattica a distanza fatta bene ha dei limiti strutturali. Il primo è il più evidente: la mancanza di contatto con gli studenti. Che diventa inevitabilmente anche mancanza di controllo: il docente non ha la possibilità di verificare cosa stanno facendo i suoi alunni, tastare il loro livello di attenzione e quindi di apprendimento. Questo è anche il motivo principale per cui a distanza diventa complicato procedere alla valutazione: esistono test digitali, ma sono meno completi. C’è poi un problema quantitativo: da soli davanti allo schermo e senza il contesto collegiale della classe, non si può riprodurre lo stesso numero di ore di lezione infatti tutte le scuole, anche le più virtuose, hanno ridotto l’orario. Infine c’è la questione delle attività pratiche e in laboratorio: sui licei (scientifici e soprattutto classici) impatta meno, ma negli istituti tecnico-pratici è una perdita. E questo senza considerare l’aspetto più rilevante: il fattore umano, il valore aggiunto che il docente è in grado di dare alla lezione, e che gli studenti ricevono dai compagni. “Ci sono degli accorgimenti – spiega il prof. Bardini -, ad esempio compattare l’orario sulle materie che si prestano più al digitale, oppure portarsi avanti col programma per recuperare in seguito interrogazioni e compiti in classe. Però è evidente che non si può andare avanti così all’infinito”. Tanto che il governo, come anticipato da ilfattoquotidiano.it, ha dovuto prevedere una clausola di salvaguardia per cui l’anno scolastico sarà valido comunque, nel caso in cui gli studenti non dovessero raggiungere il numero minimo di giorni di lezione a causa del Coronavirus.

AUTONOMIA E DIGITALIZZAZIONE: UN IMPULSO ALLA MODERNITÀ
Fare lezione da casa, insomma, non sarà la stessa cosa. Potrebbe però avere anche dei vantaggi: innanzitutto non interrompere completamente l’attività didattica, e il concetto di classe. Per tanti istituti può essere una spinta verso il futuro: si mettono in pratica tecniche di “smart schooling” fin qui solo studiate a livello teorico, si cominciano a utilizzare contenuti e materiali multimediali che in teoria dovrebbero essere sfruttati già in classe (con le famose lim e i tablet) ma di fatto non lo sono quasi mai. C’è infine il possibile effetto di responsabilizzazione dello studente, che sentendosi meno controllato può dare un contributo più personale. “Parliamo seriamente di digitalizzazione dal 2015, ma in 5 anni tante scuole non si sono mosse, sono rimaste nella confort zone dove non cambia nulla. Questa emergenza è come quando ti buttano in mare da bambino e sei costretto ad imparare a nuotare: per tanti sarà un impulso importante alla modernizzazione”, conclude Bardini.

IL NODO “MATURITÀ”
C’è anche un altro tema che in queste ore ha messo in agitazione gli studenti di tutta Italia: che conseguenze potrà avere l’emergenza Coronavirus sulla maturità? Al momento non c’è nessun allarme. I test Invalsi, che dal 2020 non fanno media ma sono comunque obbligatori per accedere all’esame, sono stati rinviati negli istituti chiusi e confermati nel resto d’Italia. La preparazione, un po’ a rilento forse, può andare avanti anche a distanza. È chiaro invece che il protrarsi dell’emergenza potrebbe diventare un ostacolo enorme per lo svolgimento delle prove: la ministra Azzolina dice che nel caso il Ministero avrà un piano d’emergenza anche per questo, ma immaginare che a giugno-luglio il contagio sia ancora in corso è uno scenario che nessuno vuole prendere in considerazione.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Coronavirus, dalle classi virtuali di Rovigo all’E-Learning di Busto: la scuola resiste e sperimenta il web. “Spinta verso innovazione”

next
Articolo Successivo

Coronavirus, le scuole chiudono e si pensa alle lezioni online. Peccato che questo non accadrà

next