“Non diteci bugie”. Un intero popolo chiede che le istituzioni non siano bugiarde sulla pericolosità del virus. Chiediamo insomma ai governanti di essere sinceri, generosi di verità. Di essere franchi e leali con noi. E’ una domanda giusta, è una richiesta necessaria.
Nondimeno osservo che avanzando questa richiesta confermiamo che quando non c’è la salute di mezzo, e dunque in gioco la nostra stessa esistenza, le bugie sono possibili, accettate, lecite.
Si possono dire anche grasse bugie. Noi siamo disposti ad accettarle, anzi a fare di più: a trasformarle in verità.
Di bugie, che diciamo e riceviamo, sono pieni gli scaffali della storia. Con le bugie si acquista il consenso elettorale, si conserva il potere. Anche per mezzo di fantastiche bugie ci si fa ricchi, e sempre grazie alla bugia amori trascurabili divengono indiscutibili.
Di bugie sono piene le nostre tasche. Con le bugie conviviamo. Per esempio: dicono falsamente che stanno combattendo le mutazioni climatiche. Non è vero, ma ci crediamo.
Dunque la bugia, più che la verità, ci fa stare in piedi, ci fa credere di essere una società civile anche quando accade, come a Napoli l’altro ieri, che un gruppo di incivili distrugga un pronto soccorso per ripagarsi del lutto subito. La morte di un ragazzo mentre tentava una rapina.
La bugia ci fa vergognare di meno, la verità ci porta sconforto.
Infatti siamo così allenati alla bugia che chiediamo la verità solo quando ci sembra, come in questi giorni, che il virus stia per fregarci, per prenderci definitivamente.
Allora chiediamo la verità. Prima no.
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