Appena il tempo di godersi, a Marassi, una vittoria squillante per 5 a 1 sulla Sampdoria, e Rocco Commisso, il magnate italo-americano patron della Fiorentina, se ne è tornato a New York. Non senza inscenare prima, alla Malpensa, un teatrino sindacale con i lavoratori di Air Italy, che protestavano per la messa in liquidazione della società: “Non è giusto, io sto dalla loro parte: io non ho mai licenziato nessuno”, ha protestato l’imprenditore americano nato a Marina di Gioiosa Ionica. E a Firenze c’è chi lo ha ribattezzato il compagno Rocco.

Se ne è tornato negli Usa con la promessa che quando tornerà, a metà marzo, scioglierà il nodo della costruzione dello stadio, la sua ossessione da quando, nel giugno scorso, ha acquistato la Fiorentina dai fratelli Andrea e Diego Della Valle. Sostiene infatti, il “compagno” Rocco, che senza lo stadio la Fiorentina non può aumentare il suo fatturato e ridurre il gap che lo separa dalle grandi squadre da Champions League. E lui ha promesso che vuole vincere e anche rapidamente: “fast, fast, fast”, il suo mantra. “Ho 70 anni e non posso aspettare dieci anni per vedere lo stadio e la Champions”, è solito ripetere ad ogni angolo di Firenze. Della costruzione di un nuovo stadio, che sostituisca il Franchi, che risale agli anni Trenta, nel capoluogo toscano se ne parla dal 2008, quando nel lussuoso albergo Four Seasons Diego Della Valle presentò il progetto della cittadella viola che si sarebbe dovuta sviluppare su un’area di 60-70mila ettari, in cui costruire uno stadio coperto da 50mila posti, un museo di arte contemporanea, un parco giochi, negozi, hotel. Il tutto avrebbe dovuto fruttare ai Della Valle 20-30 milioni all’anno da investire nella Fiorentina. Risultato dopo dieci anni: zero.

Commisso ha subito preso di petto la costruzione dello stadio, intrecciando con il sindaco di Firenze Dario Nardella rapporti amichevoli, da pacca sulle spalle. L’idillio a suon di violino, lo strumento amato dall’inquilino di Palazzo Vecchio, è però finito appena Nardella ha emesso il bando per l’acquisto nell’area Mercafir, dove sorge il mercato ortofrutticolo fiorentino e dove potrebbe sorgere lo stadio. Costo: 22 milioni. “Troppi”, è stata la replica di Commisso. Il bando scadrà a fine marzo e la Fiorentina si riserva di parteciparvi presentando un’offerta con delle condizioni, che però Palazzo Vecchio sostiene che non può accettare. “Un bando è un bando, non una trattativa”, fanno sapere dall’entourage di Nardella. D’altra parte la valutazione dell’area sud della Mercafir è stata affidata ad una società specializzata del calibro di Praxis, la quale ha predisposto un documento di 55 pagine in cui si spiegano come sono arrivati alla stima di 22 milioni per il nuovo stadio, l’albergo e gli altri edifici. In breve quella è la base d’asta: prendere o lasciare.

Commisso ci è rimasto male e ha lanciato un appello alquanto inconsueto a tutti i sindaci dell’area fiorentina e ai proprietari di terreni: “Se avete un’area adatta per costruire uno stadio si faccia avanti e io sono pronto a valutare qualsiasi soluzione”. Reazione inattesa: è stato un fiorire di proposte. Oltre a Campi Bisenzio guidato dal sindaco Pd Emiliano Fossi, la cui candidatura si è fatta avanti fin dai primi giorni fiorentini di Commisso, hanno telefonato allo studio Archea di Marco Casamonti, incaricato di costruire il centro sportivo a Bagno a Ripoli (accordo già siglato con il sindaco Francesco Casini), anche i sindaci di Figline Valdarno, Signa, Rignano e altri Comuni dell’area metropolitana. Tutti sindaci Pd. Il che ha fatto infuriare Nardella che vive come un affronto l’eventuale costruzione dello stadio della Fiorentina fuori da Firenze. Un affronto da fuoco amico.

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