Affinché sia possibile realizzare reti di computer quantistici in grado di risolvere complessi problemi di fisica liberando così il pieno potenziale di questa tecnologia del futuro, è indispensabile riuscire a sviluppare la cosiddetta “Internet quantistica“, una rete di connessione tra vari nodi rappresentati dai processori quantistici, che gli consenta di lavorare assieme. Al momento però, per limitazioni tecniche, fino a ieri non era possibile superare una distanza di 1,3 km tra un nodo e l’altro: troppo poco affinché la rete quantistica possa effettivamente diventare realtà. Ora invece uno studio pubblicato su Nature e condotto da un team di scienziati cinesi ha riaperto le speranze. I ricercatori infatti sono riusciti a realizzare un entanglement quantistico a 22 chilometri di distanza, tramite connessione in fibra.

Ma prima di tutto, cos’è l’entanglement? A grandissime linee e senza pretesa di essere esaustivi su fenomeni così complessi la cui comprensione non è completa neanche tra i massimi addetti ai lavori, possiamo dire che, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, in fisica quantistica è impossibile conoscere con assoluta precisione le misurazioni riguardanti i valori di grandezze fisiche coniugate. In pratica se rileviamo la posizione di una particella non possiamo conoscerne la quantità di moto e viceversa. Tuttavia, il fenomeno della correlazione quantistica, o entanglement appunto, ci dice che, se due particelle in un dato momento hanno interagito tra loro, anche se in futuro dovessero trovarsi ai capi opposti dell’universo, basterebbe misurare lo stato dell’una per conoscere esattamente quello dell’altra.

Foto: Depositphotos
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Affinché processori quantistici remoti possano collaborare gli uni con gli altri, ad esempio in reti di calcolo distribuito, è dunque necessario che ciascuno possa conoscere istantaneamente i dati quantistici immagazzinati dall’altro, tramite appunto tale fenomeno.

Gli studiosi dunque sono riusciti a sfruttare per la prima volta l’entanglement a 22 chilometri di distanza, una rete di estensione urbana, rispetto agli 1,3 chilometri ottenuti fino ad ora, attraverso un metodo chiamato “interferenza a due fotoni”, ma non è tutto perché utilizzando l’interferenza a singolo fotone la distanza tra nodi può aumentare ulteriormente, raggiungendo i 50 km, sempre tramite semplice fibra ottica. Insomma, questo esperimento ci avvicina di un passo al futuro del computing quantistico, perché avere due nodi a 22 o anche a 50 km l’uno dall’altro, significa permettere potenzialmente lo sviluppo di una rete ancora più vasta, similmente a quanto accade attualmente col Web, anche se in ambito quantistico bisognerà fare ulteriori passi per riuscire a superare le distanze attualmente poste dagli oceani ad esempio.

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