“La stabilità resta un obiettivo, ma serve sostegno alla crescita e alla mobilitazione di enormi investimenti per combattere i cambiamenti climatici“. Investimenti che non possono essere “preclusi ai Paesi che hanno un debito elevato”, tra cui l’Italia: “Dobbiamo consentire politiche anti-cicliche, dati i crescenti vincoli che la Bce deve affrontare”. E c’è anche un altro problema: “La complessità delle nostre regole rende più difficile spiegare ai nostri cittadini che cosa dice ‘Bruxelles’ e questo è qualcosa che nessuno di noi dovrebbe accettare”. Così il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, affiancato dal vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis che ha la delega all’economia, ha lanciato la consultazione tra gli Stati membri e le parti sociali sull‘annunciata riforma della governance economica della Ue e del Patto di stabilità.

Il documento preparato dalla Commissione riconosce che il Patto in base al quale il deficit va mantenuto sotto il 3% del Pil e il debito al di sotto del 60% è diventato “troppo complesso, poco trasparente e poco prevedibile“, oltre ad essersi rivelato poco utile a raggiungere gli obiettivi di crescita. “Attendiamo con impazienza una discussione aperta su ciò che ha e non ha funzionato, e su come creare consenso per semplificare le regole e renderle ancora più efficaci”, ha spiegato Dombrovskis. Si apre così il dibattito su un tema che vede l’Unione europea nettamente spaccata tra “falchi” e “colombe”. Non a caso, secondo Politico, un gruppo di 12 Paesi tra cui Austria, Germania, Finlandia e Svezia ha già organizzato la contromossa durante un vertice che si è tenuto a Vienna il 15 gennaio: un paper che si oppone a ogni ipotesi di maggiore flessibilità in chiave green lamentando che introdurre nuove deroghe non farebbe che aumentare la complessità del sistema.

“I conti pubblici non sono orientati alla crescita” – “Certamente i Paesi con maggior debito, e l’Italia è uno di questi, devono tenerlo sotto controllo”, ma “contemporaneamente non possiamo immaginare una situazione in cui gli investimenti, la transizione ambientale, i cambiamenti portati dal digitale e le sfide del lavoro possano essere preclusi ai Paesi che hanno un debito elevato”, ha detto Gentiloni. “Lo sforzo di promuovere crescita, lavoro e investimenti deve coinvolgere tutti”. Parte con questa premessa la consultazione lanciata dalla Commissione. Il documento presentato mercoledì ricorda che i regolamenti del ‘six-pack‘ e del ‘two-pack‘ sono stati introdotti – in aggiunta al Patto firmato nel 1997 – per affrontare le vulnerabilità emerse con la crisi economica e finanziaria, ma da allora il contesto economico è cambiato. L’economia europea ha vissuto sette anni di crescita consecutiva. Nel 2011 ben 24 Paesi membri erano in procedura per disavanzi eccessivi, oggi nemmeno uno. Tuttavia, evidenzia Bruxelles, i livelli del debito pubblico rimangono elevati in alcuni Stati e il potenziale di crescita non è tornato ai livelli pre-crisi. In più l’impostazione di politica di bilancio è stata spesso pro-ciclica: vale a dire che in tempi difficili i cordoni della borsa sono stati stretti ancora di più. L’altro fronte è comunicativo: è difficile spiegare ai cittadini la ratio dietro quelle regole. Inoltre, nonostante casi di evidente violazione delle norme da parte di Francia, Portogallo, Italia e Spagna nel corso degli ultimi cinque anni, la Commissione non ha mai sanzionato nessuno. Le regole quindi sono anche poco credibili.

La consultazione durerà tutto l’anno – Da qui l’idea di aprire una discussione su ampie clausole di flessibilità, in particolare per investimenti mirati a raggiungere gli obiettivi del Green deal europeo, che stando ai piani richiede la mobilitazione di 260 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi. Non solo: indicatori macroeconomici “non osservabili” come l’output gap, la differenza tra Pil reale e Pil potenziale, potrebbero essere rimossi dal quadro regolatorio dell’Ue.

L’obiettivo finale è mettere a punto un nuovo quadro di regole che serva allo scopo di mantenere la stabilità delle finanze ma favorisca anche la convergenza nei Paesi che hanno meno margini di manovra. Nei prossimi mesi governi, parti sociali, economisti, università e società civile potranno dire la loro rispondendo alle domande che la Commissione ha formulato per lanciare il dibattito. Come fare a ridurre gli squilibri macroeconomici, come assicurare stabilità dei conti a breve termine e sostenibilità nel lungo periodo, come andare incontro alle sfide dei Paesi più in difficoltà, come assicurare l’attuazione delle regole riflettendo su sanzioni e incentivi. La riflessione coinvolgerà anche la flessibilità attualmente prevista dalle regole, per renderla più adatta agli obiettivi del Green Deal e quindi utile a favorire gli investimenti verdi. La consultazione avverrà tramite incontri, seminari, piattaforme di discussione online. L’obiettivo è chiuderla entro l’anno.

La proposta dello European fiscal board – Al suo insediamento, la nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha trovato sul tavolo un corposo report con le proposte avanzate in tema di riforma del Patto dallo European Fiscal Board, organismo indipendente di consulenza dell’esecutivo comunitario. Gli esperti consigliavano, in sintesi, di semplificare i troppi parametri che Bruxelles prende in considerazione per valutare l’andamento delle finanze degli Stati membri riducendoli a due: un obiettivo di riduzione del debito pubblico e un limite all’aumento della spesa corrente al netto degli interessi. In aggiunta, si auspicava che fosse consentito di sottrarre dal deficit i soldi investiti in progetti strategici a livello europeo, come le infrastrutture digitali e la mitigazione dei cambiamenti climatici. A patto però che siano risorse aggiuntive rispetto al cofinanziamento nazionale già oggi previsto a fianco dei fondi Ue.

L’Italia invierà suo documento: “Flessibilità per gli investimenti verdi” – Martedì pomeriggio il premier italiano Giuseppe Conte, a Bruxelles per incontrare i vertici delle istituzioni europee, ha annunciato che l’Italia invierà una proposta di revisione del Patto di stabilità “in modo da favorire quella che ho definito “Green Facility“, una flessibilità specificamente dedicata agli investimenti verdi”. Fare investimenti verdi in modo più facile “dovrà essere consentito a tutti e 27”, perché se così non fosse “si creerebbe un divario ancora maggiore” tra chi ha avuto accesso a investimenti facilitati e ha “realizzato una transizione più ampia, e chi rimane indietro. Invece tutti devono essere messi nella condizione di avere una facilitazione per gli investimenti verdi”.

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