Proteste e rivolte sull’isola greca di Lesbo, dove da alcuni giorni migliaia di richiedenti asilo stanno manifestando contro l’inasprimento delle leggi sul diritto d’asilo e per chiedere il trasferimento sulla terraferma. La polizia ha usato gas lacrimogeni e granate stordenti per allontanare i migranti e sono partite alcune cariche. Più di 25 le persone arrestate. I cortei sono partiti dal campo profughi di Moria al grido di “libertà”, per poi dirigersi verso la zona del porto di Mitilene.

Sull’isola, porta d’Europa per i migranti provenienti dal Medio Oriente, la tensione è altissima. “Esplosiva” l’ha definita il governatore delle isole del Mar Egeo settentrionale Konstantinos Mutsuris. Nell’hotspot di Moria, il più grande dell’isola, le condizioni di vita si sono aggravate dopo l’estate e ora la situazione è al collasso. Basti pensare che di fronte a una capienza di 3500 persone, oggi ne ospita più i 20mila. Le persone si sono sistemate intorno al campo, in tende montate fuori dai cancelli. Si tratta prevalentemente di profughi (tra cui anche decine di famiglie e minori non accompagnati) provenienti da Afghanistan, Siria e Paskistan, tutti bloccati sull’isola in attesa dell’esame della richiesta d’asilo. Valutazione che può durare anche anni.

“Temono di essere deportati in Turchia, con l’inasprimento delle leggi e l’aumento delle domande di asilo respinte”, ha spiegato il direttore del centro per i richiedenti asilo, Marios Kaleas. Il governo greco intanto ha respinto la richiesta per l’introduzione di uno stato di emergenza sulle isole dell’Egeo lanciata dal governatore Moutzouris, e ha introdotto misure per controllare le organizzazioni non governative che assistono i profughi bloccati nei campi, con un decreto approvato ieri in Parlamento. In programma anche la trasformazione degli hotspot esistenti in centri chiusi con al massimo 5-10mila posti

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