“Trasmesso da un serpente” o “creato in laboratorio”. Mentre il coronavirus fa ammalare e uccide, al momento un numero basso di persone rispetto alla popolazione della Cina, sull’origine di 2019-nCoV ancora non c’è certezza. Ed è così che, al momento, si può parlare solo di ipotesi. Alcune anche fantasiose. L’ipotesi del serpente primo vettore del virus, diffusa dai ricercatori dell’università di Pechino, solleva più di perplessità dal mondo della ricerca: secondo alcuni virologi intervistati dalla rivista Nature il coronavirus può trasmettersi solo tramite mammiferi e uccelli, e non ci sono prove che possa infettare altre specie animali.

“Niente supporta l’ipotesi dei serpenti”, afferma David Robertson, virologo all’Università di Glasgow, secondo cui è improbabile che il nuovo coronavirus abbia avuto abbastanza tempo di infettare un altro animale ospite per alterare il suo genoma in modo così significativo: “Ci vuole parecchio tempo perché ciò avvenga”. Anche per Paulo Eduardo Brandao, dell’università di San Paolo, i ricercatori cinesi “non hanno prove che i serpenti siano stati contagiati da questo nuovo coronavirus, facendogli da ospite”. I ricercatori cinesi, guidati da Wei Ji, interpellati da Nature, non hanno ancora risposto alle domande dei giornalisti ma hanno comunque detto che continueranno a studiare ed analizzare la sequenza genetica del virus.

Altri dubbi sorgono dal fatto che l’animale ospite sia stato identificato senza ulteriori indagini sul campo e di laboratorio, come ad esempio nelle gabbie e nei container. Per Cui Jie, virologo dell’Istituto Pasteur di Shangai, che è stato tra quelli ad aver identificato il virus della Sars nei pipistrelli, “è il mammifero l’ipotesi più probabile. Il virus della Sars e 2019-nCoV fanno parte dello stesso sottogruppo dei betacoronaviruses. Le indagini sul campo nel 2002-03 hanno dimostrato che questi virus si trovano solo in mammiferi – conclude – Chiaramente anche questo è un virus da mammiferi“. Condivide, in parte, questi dubbi anche Maria Lucia Mandola, dell’Istituto zooprofilattico del Piemonte: “Per i coronavirus gli animali serbatoio possono essere tanti – spiega all’Ansa – anche se è più probabile che in questo caso si tratti di piccoli mammiferi, che hanno maggiori possibilità di contatto con l’uomo. Per avere la conferma dei serpenti, i ricercatori cinesi dovrebbero aver svolto prove di laboratorio e sperimentali direttamente sugli animali per vedere come evolve la malattia, e non si sa se l’abbiano fatto. Bisogna continuare a studiare”.

Scartata, almeno per il momento e in assenza di prove scientifiche, l’ipotesi serpente, c’è chi si lascia sedurre da ipotesi complottiste. Dany Shoham, biologo ed ex ufficiale dell’intelligence militare israeliana, esperto di armi batteriologiche in Medio Oriente e Asia in un’intervista al Washington Times (non quindi il prestigioso Washington Post, ndr) ha parlato dell‘esistenza di un laboratorio a Wuhan – considerato il focolaio del contagio – dove il governo cinese starebbe portando avanti un programma segreto di sviluppo di armi chimiche.

Qui, secondo l’ex ufficiale israeliano, gli scienziati cinesi avrebbero potuto sviluppare il virus conosciuto come 2019-nCoV. Il nuovo coronavirus sarebbe poi sfuggito dal controllo degli scienziati, ipoteticamente, infettando uno di loro, per poi propagarsi nella città di Wuhan, considerata il primo focolare del virus. “Alcuni laboratori dell’istituto sono stati probabilmente impegnati, in termini di ricerca e sviluppo, in armi biologiche, almeno collateralmente, ma non come struttura principale della politica di Pechino” ha dichiarato Shoham al Washington Times. Sempre la rivista Nature nel febbraio del 2017 aveva parlato di questo laboratorio, che naturalmente non è segreto, sui cui erano state espresse preoccupazioni. Il laboratorio dell’università di Wuhan, il Center for Immunology and Metabolism del Medical Research Institute, era stato descritto con attenzione nell’articolo di Nature con misure di sicurezza stringenti e classificato come Bsl-4, il massimo grado al mondo di bio-contenimento. In questa struttura acqua e aria sono filtrate e vengono trattate prima di essere eliminate e chiunque ci lavori deve fare la doccia all’ingresso e all’uscita e indossare, sempre e ovunque, le tute protettive. Anche perché se è solo una mera ipotesi che il coronavirus possa essere “sfuggito” quel laboratorio è stato autorizzato a trattare i patogeni più pericolosi al mondo.

L’articolo su Nature

La notizia su Nature del 2017

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