Anche la Spagna è in stato di emergenza climatica. Nel Consiglio dei ministri di martedì 21 gennaio, l’esecutivo guidato da Pedro Sanchez ha deciso di compiere i primi passi per far fronte alle gravi conseguenze del riscaldamento globale. La decisione punta all’adozione di 30 linee di azione prioritarie, di cui cinque urgenti che verranno messe in atto nei primi cento giorni di governo. In questo modo la Spagna si allinea, assieme ad altri Stati, al Parlamento europeo che a novembre ha approvato una risoluzione relativa alla “emergenza ambientale in Europa e nel mondo”. Ma per riuscire a dare una svolta, ha detto la ministra dell’Ambiente, Teresa Ribera, “servono 200 miliardi di investimenti”.

Secondo quanto annunciato in conferenza stampa da Ribera e dalla ministra del Tesoro, Irene Montero, tra le cinque procedure da mettere in atto nelle prossime settimane c’è prima di tutto una nuova legge sul cambiamento climatico e la transizione energetica. In questo modo, il governo si impegna a presentare alle Camere un progetto di legge che garantisca “il raggiungimento non oltre il 2050 di un sistema elettrico derivante al 100% da fonti rinnovabili, di un parco auto a emissioni zero e di un sistema agricolo non inquinante”. La ministra Ribera ha parlato anche dell’intenzione di stabilire zone a basse emissioni nelle città con più di 50mila abitanti, seguendo l’esempio di Madrid Central, la Ztl della capitale spagnola inaugurata dall’ex sindaca Manuela Carmena.

Il nuovo esecutivo a trazione socialista si impegna inoltre a definire nei prossimi tre mesi il percorso per raggiungere una decarbonizzazione a lungo termine, anche oltre il limite del 40% entro il 2030 stabilito dall’Unione europea nel 2014. Per ora, però, la ministra Ribera ha solo garantito che “non vi saranno sussidi ai combustibili fossili”, come deciso tra i paesi del G20 nel 2009.

Verrà inoltre presentato un “Piano nazionale di adattamento” che comporti “investimenti per un Paese più sicuro e meno vulnerabile di fronte ai rischi del cambiamento climatico”. Si studierà anche un meccanismo di partecipazione diretta dei cittadini spagnoli sulle decisioni relative ai temi ambientali, denominato “Assemblea cittadina sul cambiamento climatico”.

Il governo punta inoltre alla trasformazione del settore industriale e dei servizi verso la sostenibilità economica. La ministra Montero ha parlato di una “fiscalità verde”, ossia l’applicazione di imposte che permettano di raggiungere la trasformazione del settore produttivo.

La bozza della legge sul cambiamento climatico, già presentata nel febbraio 2019 dal Partito Socialista e poi accantonata per l’anticipazione della tornata elettorale, stabilisce la nascita di “un sistema fiscale e finanziario” che condurrà alla decarbonizzazione. Per attuarlo, secondo l’accordo di emergenza climatica appena approvato, servono “investimenti nel decennio 2021-2030 superiori a 200 miliardi di euro”. Di questi, il 45% verrà investito nel ricorso a fonti rinnovabili, il 40% per l’efficienza energetica e il 12% per un’energia elettrica pulita. L’impatto previsto sul Pil prevede un aumento di 20 miliardi di euro annui nel prossimo decennio.

Questo progetto di legge si inscrive nell’ambito del Pniec, il Piano nazionale integrato per l’economia e il clima, che in Spagna nel decennio 2021-2030 punta a ridurre le emissioni di gas serra del 21% rispetto al 1990 e alla creazione di almeno 250mila posti di lavoro.

La ministra Ribera ha dichiarato che la Spagna è il “paese col maggior potenziale per la promozione delle energie rinnovabili in Ue”. Inoltre, il governo “è assolutamente convinto dei benefici di questa transizione” ed è pronto a lavorare per offrire “una tabella di marcia chiara e stabile per avanzare verso un futuro più verde”.

La Spagna si aggiunge così alle Nazioni europee che rilanciano obiettivi green sul medio e lungo periodo. Allo stesso modo, la Germania ha da poco annunciato l’accordo tra regioni e governo centrale per lo stop al carbone entro il 2038, attraverso lo stanziamento di denaro proveniente dal Just Transition Fund, il fondo europeo da 100 miliardi di euro che mira a finanziare “le regioni che affronteranno le sfide più grandi”. Da questo fondo, il nostro Paese punta a ottenere almeno 4 miliardi per una progressiva riduzione nell’uso di combustibili fossili.

L’Italia ha già avviato le procedure per il proprio Green new deal con il via libera al Decreto Clima e del Pniec, che prevede entro il 2030 un uso delle fonti rinnovabili pari al 30% del consumo totale. La transizione energetica avverrà però in due tempi attraverso l’intermediazione del gas naturale, una fonte fossile meno inquinante ma non priva di impatto sull’ambiente. Secondo Confindustria, non si può rinunciare “alla crescita industriale” in nome di un sempre maggiore ricorso alle rinnovabili. Una scelta che invece il governo spagnolo ha preferito evitare, includendo il gas naturale nella lista nera dei combustibili fossili.

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