“Mi è sembrato un appello molto garbato. Molto giusto nei toni e anche nella sostanza. Sto valutando se esiste un modo altrettanto giusto e garbato per rispondergli. Ci devo ancora pensare. Non vorrei uscire dal seminato”. È con questa frase che Giuseppe Valerio Fioravanti risponde al magistrato Roberto Tartaglia, nel giorno del quarantesimo anniversario dell’omicidio di Piersanti Mattarella. Il fondatore dei Nuclei armati rivoluzionari è stato processato e assolto in via definitiva dall’accusa di aver sparato otto colpi all’allore presidente della Regione Siciliana. Nei giorni scorsi Tartaglia, ex pm della procura di Palermo e attuale consultente della commissione Antimafia, aveva detto a proposito di Fioravanti: “Ha iniziato un percorso sociale importante e comunque non può più essere processato per quei fatti, essendo già stato assolto: perciò potrebbe contribuire al raggiungimento della verità”. Per il magistrato “una persona libera come lui, che partecipa a un percorso sociale molto importante, potrebbe ove lo ritenesse aggiungere dei tasselli per ricostruire alcuni segmenti misteriosi che lo collegano alla Sicilia in quel periodo”.

Attore bambino che aveva recitato in alcuni spot per Carosello, divenuto noto per il suo ruolo nella serie La famiglia Benvenuti, fondatore dei Nar e protagonista del terrorismo nero tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, Fioravanti è stato condannato a 8 ergastoli per vari omicidi, compresa la strage di Bologna. Dall’8 aprile del 2009 è libero, ma ha sempre negato ogni suo coinvolgimento nell’omicidio Mattarella. Lo fa anche oggi che la pista nera è tornata sul tavolo della procura di Palermo che ha riaperto un fascicolo sul delitto. “Esiste un colpevole, ne è stato individuato un altro. Credo che si chiami Madonia. Ne parlavo con una suora amica proprio oggi che mi diceva di averlo incontrato. Sostiene che proprio Madonia si vantava di aver ucciso Mattarella e secondo questa suora poi ad un certo punto avrebbe pure collaborato”, dice al quotidiano locale ilsicilia.it. L’ex Nar poi torna a rispondere a Tartaglia rispondendo all’agenzia Adnkronos, ipotizzando un incontro con il magistrato: “Ci incontreremo e vedremo cosa succederà. Sto ragionando, a una persona per bene si deve rispondere. Ognuno nel suo ruolo, senza ambiguità”.

Poi parla del suo incontro con Giovanni Falcone: “Quando mi chiese dell’omicidio Mattarella, io a Falcone dissi – perché era del tutto evidente che c’era davanti a me una persona seria ed intelligente – che mi sarebbe convenuto confessare qualsiasi cosa. Se avessi avuto un mandante da proteggere, avrei confessato. Avrei fatto un nome di un altro mandante e avrei fatto felice il vero mandante, perché lo avrei protetto molto meglio con una confessione che non con il negare qualsiasi verità. Avrei potuto coinvolgere qualche mio amico morto nel frattempo, avrei preso probabilmente anche qualche sconto di pena. Io però questo non l’ho fatto”. A indicare in Fioravanti il killer di Mattarella era stato il fratello Cristiano, pure lui ex terrorista nero, e Irma Chiazzese, vedova di Mattarella che vide morire il marito. E descrisse l’assassino come un giovane biondino che indossava un piumino azzurro. La donna venne colpita da due particolari: gli occhi “che non so come esprimere, erano troppo piccoli o troppo ravvicinati o troppo distanti tra di loro”. E poi la camminata: “Potei notare – dirà la donna – che procedeva con passo elastico e ondeggiante, in sostanza mi diede l’impressione di un’andatura ballonzolante”. Per l’omicidio Mattarella Fioravanti è stato assolto in via definitiva.

Nei giorni scorsi lo stesso Fioravanti aveva rilasciato un’altra intervista, al quotidiano Il Dubbio, che aveva provocato la replica di Leonardo Agueci, sostituto procuratore generale del processo d’appello sull’omicidio Mattarella: “Le dichiarazioni con cui Giusva Fioravanti chiama in causa Giovanni Falcone sono l’ennesimo esempio dell’orribile e diffusa pratica di mettere in bocca ciò che conviene a personaggi illustri che non ci sono più e che non possono quindi smentire. Conoscendo poi il rigore e la correttezza formale che Giovanni Falcone adottava nel relazionarsi con imputati e testimoni, non c’è dubbio che siano dichiarazioni del tutto inattendibili e strumentali, oltre che diffamatorie per la memoria dello stesso Falcone”.

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