di Ilaria Muggianu Scano

Per gli esperti del settore non siamo appena davanti a una vaga teoria ma una vera e propria scoperta rivoluzionaria. Tale sarebbe l’intuizione dello storico dell’arte Roberto Concas, già direttore della Pinacoteca nazionale di Cagliari. Nulla o quasi dell’Uomo Vitruviano del 1490 di Leonardo da Vinci sarebbe quello che appare. Questa l’intuizione di Concas, maturata dopo tre decenni di riflessione e quasi un decennio di ricerche. La scoperta rivela la presenza di un algoritmo, una sequenza di operazioni aritmetiche, due divisioni e una sottrazione, che permetteva di trovare, nei retabli pittorici e nei trittici, le misure delle tavole centrali e laterali.

Non è tutto qui. L’intuizione dell’esistenza dell’algoritmo ha spianato la strada verso la scoperta di un linguaggio crittografato nel celebre disegno di Leonardo Da Vinci e forse l’approccio apodittico alla “Divina Proporzione” che il frate matematico Luca Pacioli definiva come “scienza segretissima”. Ma cosa ha innescato l’analisi di Concas, tanto da farne presumibilmente una rivoluzione copernicana nella storia dell’arte?

L’input è stato il numero di errori storicamente attribuito al celeberrimo disegno di Leonardo. Tanti particolari, infatti, all’apparenza danno un senso di profonda incongruenza: la figura umana leggermente diversa nelle misure tra la parte destra e quella sinistra, il cerchio non perfetto, il quadrato con i lati verticali leggermente inclinati verso l’esterno, la curiosa disposizione delle doppie gambe dritte. Non è mancato chi, forse ingenuamente, ne ha letto un cattivo controllo del tratto grafico del genio toscano, e d’altra parte ora non manca chi sente di poterlo escludere a priori a favore della ben più verosimile tesi dell’inganno beffardo incompreso per 500 anni.

L’opera, spiega Concas, rappresenta due uomini in due diverse età della vita, forse tre, ed è l’immagine speculare che ne restituisce la verità grafica. Ma cui prodest questo misterioso piano? Leonardo prese a disegnare un homo a circulum, un soggetto affatto inedito, che altri avevano studiato prima di lui, come l’Alberti, ma vi nasconde un significato ben preciso nell’assoluta certezza che in pochi all’epoca sarebbero stati in grado di decodificarne il messaggio precluso alla vista, del tutto funzionale, se non indispensabile, alla vita di un artista.

Perché, dunque, dare forma in maniera criptata a una formula aritmetica? La conclusione di Concas è che la conoscenza di tale formula aritmetica e geometrica era conditio sine qua non le botteghe non avrebbero potuto operare in osservanza dei parametri imposti dalla Chiesa, almeno dal IV al XVIII secolo. La regola, usata da architetti, artisti, letterati e poeti, è stata impiegata anche per la Pietà di Michelangelo e nella Gioconda.

Per Concas “l’algoritmo dal quarto secolo, quando la religione cristiana diventa religione di Stato, fino al diciottesimo, serviva a diffondere e difendere le corporazioni. Per essere riconoscibili e certificarsi. Non bastava disegnare una Madonna, andava fatto secondo regole segrete”.

Nella primavera 2020 il Polo museale di Cagliari organizzerà una mostra in cui, dati alla mano, lo studioso curatore evidenzierà il segreto calcolo matematico emerso da numerose opere rinascimentali e di epoca più tarda.

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