Sono passati dodici anni dal rogo dello stabilimento ThyssenKrupp a Torino, in cui morirono sette operai. Per la vicenda sono stati condannati quattro manager italiani, ora in carcere, e due tedeschi, che però non hanno mai scontato neanche un giorno della pena. Nell’anniversario dell’incendio il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha pubblicato un lungo post su Facebook per ricordare le vittime: “La tragedia avvenuta allo stabilimento ThyssenKrupp di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 rappresenta una ferita ancora aperta che non si rimarginerà mai: sette degli otto operai coinvolti nell’esplosione sono morti mentre stavano lavorando. Le loro famiglie non hanno mai smesso di rivendicare il loro diritto ad ottenere giustizia, pur sapendo che qualsiasi sentenza non riuscirà mai a lenire il loro infinito dolore”.

Il ministro ha annunciato che proseguirà nella battaglia affinché nessuno Stato dimentichi mai “ogni cittadino che ha visto violato un proprio diritto, a maggior ragione se si tratta del diritto alla vita”. È proprio al diritto al rispetto della vita che si sono appellati i parenti delle vittime e uno dei sopravvissuti, Antonio Boccuzzi, i quali si sono rivolti alla Corte europea dei diritti umani. I firmatari del ricorso hanno accusato Germania e Italia di aver violato i loro diritti, perché, nonostante la sentenza di condanna della Corte di Cassazione pronunciata nel 2016 nei confronti dei due manager tedeschi Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, questi restano in libertà.

“Dopo 12 anni – prosegue il Guardasigilli – non tutti quelli che hanno avuto responsabilità nell’incidente, accertate da sentenze definitive emesse dai tribunali italiani, hanno pagato il loro conto con la giustizia: in particolare, i due manager tedeschi condannati sono ancora a piede libero in Germania in attesa che la giustizia tedesca chiuda la procedura pendente”. Bonafede ricorda che “anche in Germania vige l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e, dunque, la politica non può fare alcun tipo di pressione. Detto questo, in ogni possibile occasione, il nostro governo ha fatto presente agli esponenti tedeschi che, per tutto il popolo italiano, la definizione della vicenda della Thyssenkrupp è di fondamentale importanza. Io ho conosciuto i familiari delle vittime l’anno scorso. Sono in contatto con alcuni di loro e li informo di qualsiasi novità. So che non basta, so che non è nulla; proseguirò in questa battaglia“, assicura il ministro.

“Oggi non ho scritto nulla e non scriverò nient’altro sulla giustizia. È in queste giornate che ci si rende ancora di più conto di quanto i dibattiti da talk – conclude il ministro – siano lontani anni luce dalla giustizia che interessa ai cittadini e di cui non parla mai nessuno, quella giustizia il cui funzionamento determina la presenza o l’assenza dello Stato al fianco di tutte le donne e gli uomini che chiedono la protezione dei loro diritti“.

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