Domani, martedì 26 novembre, il mondo del sociale genovese si ferma e, dopo settimane di agitazione, si ritrova in presidio sotto al Comune. Cgil, Cisl e Uil chiedono assunzioni e investimenti per garantire ai cittadini servizi sociali adeguati: “La situazione è drammatica, servono con urgenza assistenti sociali, educatori, psicologi e amministrativi, interventi concreti sull’organizzazione del lavoro e sulla sicurezza degli operatori”. Una carenza di personale di cui Palazzo Tursi è consapevole, annunciando per il prossimo anno l’assunzione di 20 unità tra psicologi e assistenti sociali. “Numeri totalmente inadeguati per garantire alla cittadinanza i servizi essenziali” replicano i rappresentanti unitari dei lavoratori che hanno convocato lo sciopero su richiesta degli stessi operatori dei servizi sociali che dalle ore 14 alle ore 16.30 si riuniranno in presidio sotto gli uffici del Comune.

Ma il malcontento è in gran parte slegato da questi aspetti “quantitativi” e nasconde un conflitto culturale e politico che coinvolge anche operatori del privato sociale, professionisti e gli stessi utenti dei servizi, che in oltre 1400, in sole 24 ore, hanno firmato la richiesta di dimissioni dell’assessore Francesca Fassio con una petizione online promossa dallo storico circolo di studio sul lavoro sociale “Oltre il Giardino”. “È oltre 40 anni che i lavoratori sociali di Genova si incontrano, studiano e verificano le proprie competenze con formazione continua per offrire il servizio migliore possibile in un contesto generale di tagli nel delicatissimo settore dei servizi alle persone più fragili – spiega Mario Calbi, ex-dirigente e operatore dei servizi e già assessore al sociale tra il 1975 e il 1985 – Il problema non è tanto il fatto che l’assessore pretenda di intervenire a gamba tesa in ambiti nei quali non ha alcuna competenza professionale, quanto che lo faccia senza ascoltare, né rendere conto a nessuno sui motivi delle proprie decisioni, in base a una generica voglia di ‘cambiamento’ mosso da sensazioni e sentimenti”.

È un conflitto antico, quello tra operatori del sociale e amministrazione comunale, che si deteriora a partire dall’insediamento della giunta leghista nel 2017, quando alla propaganda elettorale hanno fatto seguito i primi provvedimenti che, in nome del “decoro urbano”, sono andati a colpire i più poveri attingendo agli strumenti legislativi messi a punto dal decreto Minniti-Orlando. Allontanamenti e Daspo urbani, schedatura e sanzioni a chi chiede l’elemosina o viene sorpreso a mangiare o bere per strada, ordinanza contro chi rovista “disordinatamente” nella spazzatura, minacce di Tso e “ricovero forzato” per le persone in stato di senza dimora che si trovano a dormire in strada, moltiplicazione dei “dissuasori anti seduta”, cambiamento nelle regole per l’assegnazione della residenza ‘fittizia’ ai senza dimora.

Provvedimenti della sua Giunta leghista visti con imbarazzo dalla stessa assessore Francesca Fassio che pure li ha votati: “È chiaro che come assessore ai servizi sociali mi rendo conto dei limiti di un certo approccio esclusivamente repressivo al disagio sociale – spiega a ilfattoquotidiano.it – personalmente se vedo una persona in strada mi dispiace per lui e penso a come recuperarlo, non provo ‘fastidio’, eppure non possiamo non farci carico delle richieste di decoro e pulizia che continuano ad arrivare dai cittadini”.

La scintilla che ha fatto detonare il conflitto tra l’assessore e i suoi dipendenti si è accesa in agosto. Nei giorni del caso “Bibbiano”, un consigliere comunale di maggioranza interroga l’assessore chiedendo ragguagli su possibili irregolarità nell’affidamento dei minori anche a Genova. L’assessore – pur ammettendo di non avere alcun elemento per mettere in dubbio capacità e professionalità dei suoi dipendenti – viene accusata di non aver difeso i suoi assistenti sociali, prendendo la decisione improvvisa, inaspettata e mai chiarita di sollevare dall’incarico alcune dirigenti storiche dei servizi sociali.
“Si erano deteriorati i rapporti tra loro e il Tribunale dei Minori” spiega oggi a ilfattoquotidiano.it, aggiungendo che “questo non significa che io avessi alcun dubbio sulla loro professionalità e competenza né tanto meno elementi per ritenere ci fossero procedure illegittime”. Eppure questa scelta è stata vissuta dai professionisti dei servizi come una grave mancanza di fiducia nel loro operato e ha prodotto mesi di assemblee e incontri tra assistenti sociali, educatori e psicologi e anche tentativi di mediazione con l’assessorato, falliti.

“Questo approccio top-down dell’assessora, che agisce impartendo direttive dimostrando la totale assenza di ascolto – spiegano dal Circolo ‘Oltre il Giardino’ – sta rendendo impossibile il lavoro della struttura, e vorremmo che il Sindaco si rendesse conto di questo e cerchi una persona più adeguata a ricoprire l’incarico”. Totalmente opposta la visione della Fassio, che respinge tutte le critiche: “Forse non ci siamo capiti, se voglio vedere le carte e studiare tutto nei dettagli non è per ‘intromettermi’ o ‘mancare di fiducia negli operatori’, ma perché voglio cambiare in meglio i servizi”. A concreta riprova del suo impegno, l’assessore cita gli sforzi del Comune che non solo ha mantenuto la quota di bilancio assegnata al sociale, ma “addirittura siamo riusciti a ottenere più risorse rispetto alle giunte precedenti, cercando di premiare i progetti che funzionano meglio, guardando ai risultati e cercando di conoscere di persona tutte le realtà sostenute dal Comune”.

Intanto, alcune realtà del terzo settore che operano in regime di sussidiarietà lamentano ritardi dei pagamenti di progetti cofinanziati: “Noi rischiamo di chiudere o ridurre i servizi perché il Comune ci deve arretrati per circa 100mila euro” spiega a ilfattoquotidiano.it Miriam Cancellara che coordina i servizi a bassa soglia (docce, primo soccorso e lavanderia) per l’onlus Afet l’Aquilone. Il fatto che la contestazione vada a colpire un settore nel quale non c’è stata riduzione di investimenti da parte del Comune è il sintomo più evidente del fatto che oltre alle motivazioni economiche pesa sul rapporto con l’assessorato questa incomunicabilità e incompatibilità ‘culturale’ che si è andata a sedimentare in questi mesi di incomprensioni andando a coinvolgere assistenti sociali, psicologi, educatori e personale amministrativo.
Una tensione che non fa presagire nulla di buono in vista del pesante aumento di carico degli operatori dei servizi, che vedranno aggiungersi sulle loro spalle la responsabilità della gestione delle domande per il reddito di cittadinanza, tra le 8 e le 9mila. Il Comune ha chiesto loro di occuparsene, nonostante siano già in affanno nel sostenere l’attuale carico di lavoro.

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