Un dirigente medico e un paramedico del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria sono finiti agli arresti domiciliari così come altri due soggetti che avevano organizzato una truffa alle assicurazioni. Un altro medico, dipendente della stessa azienda ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli”, il medico legale della compagnia assicurativa e due agenti della polizia municipale, invece, sono stati iscritti nel registro degli indagati. L’operazione “Assicurato” è scattata stamattina all’alba quando la Guardia di finanza ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Stefania Rachele su richiesta del procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e del sostituto Giovanni Gullo.

Ai domiciliari sono finiti Vincenzo Benedetto e Francesco Cilione, i presunti ideatori della truffa avvenuta nel 2016: i due indagati avevano stipulato con una compagnia assicurativa una polizza contro gli infortuni a nome di un soggetto, ignaro di tutto, al quale erano stati rubati i documenti di identità. Successivamente, nel febbraio 2017, Benedetto e Cilione avevano denunciato un sinistro mai avvenuto a nome dello stesso soggetto che, cadendo da una scala, si sarebbe fratturato due vertebre. Non era vero ma la falsa documentazione medica presentata all’assicurazione aveva impedito a quest’ultima di scoprire la truffa. Il soggetto assicurato, un ragazzo di 25 anni, è stato quindi minacciato e costretto ad attivare un conto corrente al Monte dei Paschi e una postepay dove poi è stato trasferito l’indennizzo di oltre 54mila euro.

Denaro, infine, messo a disposizione di Benedetto e Cilione che, stando all’inchiesta delle Fiamme gialle, si servivano di alcuni medici come il dottore Bruno Falcomatà, in servizio presso il pronto soccorso, e il paramedico Nicola Gullì, infermiere del reparto di radiologia. Anche nei loro confronti sono stati disposti gli arresti domiciliari per fraudolento danneggiamento di beni assicurati, falsità materiale e ideologica in atti pubblici e accesso abusivo a sistemi informatici.

In sostanza, i due sanitari avrebbero fornito i documenti necessari e le certificazioni mediche false, utilizzate per incardinare l’iter della richiesta di indennizzo. Sarebbero stati loro, stando agli accertamenti eseguiti dagli uomini del maggiore Giovanni Andriani e del capitano Flavia Ndriollari, a redigere un falso verbale di accettazione di pronto soccorso, a rilasciare false certificazioni mediche relative a presunte visite di controllo, a predisporre una falsa perizia medico-legale e ad effettuare un accesso abusivo al sistema informatico dell’ospedale adibito alla gestione delle immagini radiologiche. Il tutto utilizzando le credenziali di un ignaro collega della struttura sanitaria. L’indagine era partita da una poste-pay che la Guardia di finanza aveva trovato durante una perquisizione avvenuta nel 2017 nell’ambito di un’altra inchiesta. Analizzando l’utilizzo di quella carta prepagata, gli investigatori sono riusciti a risalire alla truffa.

Sono indagati a piede libero, invece, altri due soggetti coinvolti in un falso incidente stradale, Valentino Maria Eroe e Caterina Cangemi. Assieme a loro, la Procura ha iscritto nel registro degli indagati anche il medico Giuseppe D’Ascoli (in servizio presso il reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Reggio Calabria) e il medico legale di Cosenza Vincenzo Prastaro nei cui confronti, però, secondo il gip, non c’è “un quadro indiziario connotato da gravità tale da fondare un provvedimento di natura cautelare”.

Lo stesso vale per Paolo Cilione e Domenico Scevola, i due agenti della polizia municipale di Reggio Calabria indagati con l’accusa di aver redatto, nel 2015, un rapporto di incidente stradale in cui avrebbero “falsamente attestato di essere intervenuti” sul luogo di un sinistro sostenendo la presenza di un soggetto che, in realtà, non c’era e al quale nel 2019 è stato chiesto un risarcimento danni davanti al giudice di pace. Anche in quella pratica assicurativa che ha fruttato 4mila e 700 euro a Valentino Maria Eroe, la Guardia di finanza ha rintracciato certificati medici che sarebbero stati falsificati dal medico Bruno Falcomatà e dall’infermiere Nicola Gullì. Quest’ultimo, infatti, – scrive il gip nell’ordinanza – “ha assunto un fondamentale ruolo di raccordo tra i soggetti estranei alla struttura ospedaliera e i medici intranei, coordinando le operazioni di elaborazione dei falsi referti”.

Stamattina durante la perquisizione a casa del paramedico, la Guardia di finanza ha rinvenuto tantissimi timbri di diverse amministrazioni pubbliche tra cui la Regione Calabria e l’azienda ospedaliera di cui è dipendente. Ma anche timbri di medici. A casa l’infermiere Gullì aveva, inoltre, una fotocopiatrice professionale e molti cd contenenti referti ed esami sanitari strumentali. C’era tutto il necessario, insomma, per falsificare i certificati necessari per chiedere il risarcimento alle assicurazioni. Una sorta di “centrale del falso” che confermerebbe le ipotesi accusatorie della Procura che ha chiesto, e ottenuto dal gip, il sequestro preventivo di oltre 54mila euro.

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