Gli scorsi 25 e 26 ottobre si è tenuta ad Aversa l’edizione 2019 del Premio Bianca D’Aponte, la più importante manifestazione di canzone d’autrice. Era la mia 13esima volta. Vado infatti ininterrottamente dal 2007. Stavolta ci ho portato tutta la mia famiglia, perché quella è casa mia.

Ogni anno è la stessa storia, ogni volta il medesimo clima di amicizia e rispetto del prossimo. Il Premio Bianca D’Aponte è una rassegna di musica, un luogo di cultura. Quest’anno non ho proprio voglia di raccontare chi ha vinto e chi no. La musica non è questione muscolare e lo stile d’autrice ce lo ricorda ogni volta, in ogni mese di ottobre ad Aversa. Racconterò le cose che più mi sono piaciute: delle concorrenti o degli ospiti, ma certo non solo. Il linguaggio sarà familiare, perché in fondo questo è un blog, un blog musicale; e sui blog musicali si può fare critica o parlare dei fatti propri, dei propri affetti che abbiano a che fare con la musica. Qui farò entrambe le cose. Perciò, se – legittimamente – non vi interessano i fatti miei, non andate avanti nella lettura.

Partiamo dagli organizzatori, quindi da Gaetano D’Aponte, da Giovanna e da Gennaro. Bianca è nata poco dopo di me: io a novembre del 1979, lei tre mesi dopo. Per me Gaetano e Giovanna sono i genitori di una mia cara amica. Avete presente quando entri in confidenza con la famiglia di un amico? Ad Aversa per me è sempre andata così. Ci rifletto solo ora, ma l’ho sempre vissuta così. Gennaro invece lo considero uno della comitiva. Anche lui ha più o meno la mia età, si fa in quattro per aiutare Gaetano. A loro va il mio grazie. Era bene partire da queste tre persone, perché è grazie a loro se il D’Aponte è quest’isola di musica e cultura.

Mi è piaciuta molto Giulia Ventisette, 32 anni da Firenze. Occhio signori, perché qui si parla di una cantautrice di razza, cioè di una che sa parlare della realtà, in maniera incisiva, senza essere mai didascalica. È difficilissimo e lei lo sa fare. Gran gusto per la rima, l’assonanza e la consonanza nell’intreccio musicale tra strofa e ritornello. L’avevo ascoltata al Premio De André con il brano Tutti zitti, che le ha già dato molte soddisfazioni. Ad Aversa ha cantato La bellezza, in equilibrio tra la retorica di un brano sull’immigrazione e una rivendicazione estetica: non cade mai. Giulia Ventisette è una vera. Ha bisogno di trovare qualcuno che creda in lei per diversi anni e investa dei soldi sul suo talento: che le faccia calcare certi palchi, che la proponga con autorevolezza, che la faccia maturare, anche sbagliare. Ha bisogno di un Fantini per un Capossela, per intenderci.

Mi è piaciuta Chiarablue, al secolo Maria Chiara Mariantoni. La mattina di sabato 26 ottobre, assieme all’amico Fausto Pellegrini di Rai News, abbiamo intervistato le cantautrici nella conferenza di presentazione. Lei si emozionava parlando della sua canzone, DueAgostoMillenovecentottanta, che racconta la strage di Bologna vista da un’angolazione esclusiva. Un’emozione bella, sincera, che ha funzionato benissimo sul palco la sera al Teatro Cimarosa. Bravissima.

Mi è piaciuta Marta Ascari, alias La Tarma, per la scrittura raffinata del suo pop orizzontale, a tratti straniante, che denota grande padronanza e la personalità migliore tra le proposte di questo D’Aponte 2019.

Mi è piaciuta Martina Jozwiak, che con il brano Scrivimi ha dato dimostrazione che si può stare sul filo del pop sentimentale senza scadere nel piagnisteo retorico, con una voce potente e calibratissima; un misto di tradizione intelligente e buon gusto, per un brano autentico, empatico e rigoroso: due caratteristiche difficilissime da tenere assieme.

Tra gli ospiti, cito per tutti il set di Tosca. Ogni anno il D’Aponte invita una madrina per le ragazze in gara. Quest’anno la madrina è stata, appunto, Tosca. Ora, lei è un’artista affermata, motore negli ultimi anni di una delle realtà più interessanti che ci siano in Italia: l’Officina Pasolini di Roma. Da questa realtà è nato un progetto di recupero del repertorio popolare italiano, chiamato Adoriza, da cui è scaturito un disco-progetto diretto da Piero Fabrizi, che si è aggiudicato la Targa Tenco 2019.

Tosca sul palco è precisa, verace e raffinata. Assieme ad alcuni artisti del collettivo ha fatto cantare e ballare tutto il teatro, e ha compreso subito perfettamente lo spirito della manifestazione. Ha cantato Anima scalza, uno dei brani più intensi di Bianca. Ne ha esaltato la forza di scrittura e l’apparente semplicità, e sembrava una veterana di quel palco. Perché funziona così: al D’Aponte chi ha sensibilità artistica si trova sempre a casa. Questo, forse, è il risultato più importante di Gaetano, di Giovanna, di Gennaro.

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