Fosse solo una questione calcistica, non sarebbe nemmeno tanto originale. Amaranto contro neroazzurri, i legittimi sfottò di due tifoserie divise da un lembo di terra occupata da una grossa base militare americana (Camp Darby) e i bomber a confronto: Cristiano Lucarelli e Igor Protti da una parte, Enzo Loni e Fabrizio Barontini dall’altra. Finita lì. Livorno-Pisa, che si gioca sabato alle 18 per la nona giornata di serie B, però col calcio c’entra fino ad un certo punto. “E’ molto di più – spiega Mario Cardinali, storico direttore del Vernacoliere – è proprio una diversità antropologica, che dipende da fattori storici: i pisani sono veri toscani che hanno sempre puppato il latte da guelfi e ghibellini, mentre i livornesi sono nati da una cacciuccata di etnie nel Cinquecento: per questo loro sono stati padroni o servitori di padroni mentre noi livornesi siamo dissacranti e anarcoidi”. Bum. Sotto la torre pendente, ça va sans dire, non la pensano allo stesso modo: “I livornesi li abbiamo inventati noi, Livorno nasce come succursale del porto di Pisa e poi noi siamo culturalmente superiori” risponde infervorato Andrea Bertolini, tifosissimo del Pisa che ha creato il primo gruppo Facebook congiunto tra tifosi pisani e livornesi (“doveva dura’ come un gatto sull’Aurelia e invece…”). Questa la cornice, poi c’è il pallone.

Il derby di sabato all’Armando Picchi di Livorno non si giocava da due anni e arriva nel momento peggiore per gli amaranto di casa: ultimi in classifica a quattro punti contro i dieci dei neopromossi “cugini”. Il pronostico della vigilia pende un po’, le statistiche parlano una lingua diversa: il Pisa non vince a Livorno da trent’anni. Lo stadio di Livorno sarà stracolmo, da Pisa arriveranno 1.500 tifosi più altri mille che dovrebbero sbarcare in città pur senza biglietto. Il questore di Livorno, quindi, li ha invitati a rimanere a casa e ha chiesto al Viminale 300 agenti in più per blindare la città labronica.

Dalla fuga in barca sull’Arno dei dirigenti del Livorno alla guerra di gavettoni del 1994
Di degenerazioni dal calcio giocato e dal sano sfottò, negli ultimi cinquant’anni ne sono passate tante: a metà degli anni Quaranta i dirigenti del Livorno arrivarono a fuggire in barca lungo l’Arno per evitare il linciaggio dei pisani mentre nel 1959 l’allenatore dei nerazzurri Umberto Mannocci fece azionare le pompe d’acqua per allagare il campo e sospendere la partita, data persa in partenza. I 76 scontri (32 vittorie del Livorno, 31 pareggi e 13 del Pisa) sono stati conditi da risse, città messe a ferro e fuoco quando ancora non c’erano misure di sicurezza per gli ultrà fino a episodi tra il comico e il grottesco come quello del 1994 quando le due tifoserie si sfidarono a colpi di gavettoni (e di sonori schiaffoni) nella spiaggia di Tirrenia, sul litorale pisano che divide le due città. A grandi passi si arriva al 2001, quando la gara dell’Arena fu sospesa perché i tifosi di entrambe le squadre iniziarono a smontare i seggiolini dello stadio e a buttarli in campo. Sospensione e vittoria del Livorno a tavolino per 2 a 0.

L’origine di tutto: la battaglia della Torre di Meloria
Poi c’è l’altro derby, quello che si gioca fuori dal campo. In pochi sanno che, come ogni campanilismo che si rispetti, tutto nasce da un evento storico scatenante. Nel 1107 il vescovo di Pisa concede ad una famiglia storica, la Orlandi, un castello e le abitazioni che vi erano nate intorno dando nome al borgoLivorna”: questo riusciva a sostenersi solo con il collegamento con l’ambito porto di Pisa, allora una delle quattro Repubbliche marinare. Ma con l’andare del tempo i rossocrociati perdono forza e prestigio fino alla sconfitta definitiva del 1284 contro Genova proprio alla Meloria, torre al largo di Livorno. Con la fine dell’impero pisano, così, i Medici e i Lorena decisero di fare di quel piccolo borgo di poche case uno dei principali porti del Tirreno: emanarono le famose Leggi Livornine (1591-1593) con cui si invitavano mercanti, perseguitati politici e religiosi, ma anche galeotti a cui sarebbe stata annullata la pena, ad approdare a Livorno per farne una città e un porto fiorente. Da quel momento nacque la rivalità, continuata nel tempo fino ai giorni nostri.

Tra Quattro Mori e Torre, scogli e sabbia, Modigliani e Galilei
Oggi la sfida tra Livorno e Pisa è diventata culturale e quasi sociologica: il cacciucco contro la zuppa alla pisana, il monumento ai Quattro Mori contro la Torre Pendente, Modigliani e Mascagni contro Galileo Galilei e le Università di eccellenza, gli scogli del Romito contro la spiaggia di Tirrenia ma soprattutto il con cui i livornesi condiscono una frase ogni due contro l’intercalare tipico del pisano, Gaò. Tra loro se ne dicono di ogni colore e i proverbi si sprecano (“meglio un morto in casa che un pisano all’uscio” dicono i labronici, “le parole le porta via il vento, le biciclette i livornesi” rispondono sotto la Torre): per i primi i pisani sono “gosti”, contadini sempliciotti, mentre per i secondi i livornesi sono “ghiozzi” o “ciuccialische”, persone che hanno l’obiettivo solo di andare al mare.

“Con Pisa e la Toscana non c’entriamo niente”, “Livorno? Ha solo il mare”
E’ qui che entra in gioco lo sberleffo, spesso autoironico anche nei suoi toni più coloriti. Mario Cardinali di titoli contro Pisa ne ha fatti a decine. Il più celebre, dopo il disastro di Chernobyl del 1986, parla da sé: “Nuvola atomica. Primi spaventosi effetti delle radiazioni: è nato un pisano furbo”. Oggi, nonostante non vada più allo stadio da quarant’anni perché deluso dal calcio moderno, parla di Livorno-Pisa come di un derby quasi antropologico: “I pisani hanno avuto la sventura di essere i toscani più vicini ai livornesi – racconta – Noi con la nostra regione non c’entriamo niente, siamo a-toscani: i veri toscani sono cattivi, scontrosi mentre noi viviamo in un mondo tutto nostro perché siamo nati da una cacciuccata di razze e quindi siamo accoglienti e soprattutto dissacranti: il livornese non ha difficoltà a mandare a quel paese il papa o il re, mentre i pisani non ce l’hanno nel dna”. Bertolini non è d’accordo: “Loro hanno solo il mare ma se il livornese vuole studiare deve venire a Pisa all’Università o se vuole far nascere un figlio viene nel nostro ospedale”. Poi non lo dice a nessuno e quasi se ne vergogna, ma questo è un altro discorso.

Twitter: @salvini_giacomo

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