Madrid prova a spegnerlo, ma Tsunami Democràtic non arretra. E si riaccende a un nuovo indirizzo. Del resto il dna del più giovane movimento indipendentista catalano è stato molto marcato fin dagli esordi e comunque fermare uno tsunami non è cosa facile per definizione. Tanto più che la sentenza del giudice dell’Audiencia Nacional Manuel García-Castellón di venerdì 18 ottobre che, con l’ordine di chiusura della piattaforma, ha sollevato pesanti sospetti sul gruppo di disobbedienza civile, si muove sullo stretto sentiero che divide censura e antiterrorismo.

I riflettori sul movimento leader delle proteste contro Madrid si erano accesi fin da lunedì 14 ottobre, quando il Tribunale Supremo spagnolo ha pronunciato la sentenza di condanna per i 12 leader catalani imputati nel processo sulla dichiarazione di indipendenza della Catalogna del 2017 e la grande macchina delle mobilitazioni indipendentiste si è messa in moto, attirando l’attenzione della stampa nazionale e internazionale sul “neonato” Tsunami Democràtic. Le cui indicazioni arrivano in primis su Telegram, in una chat di gruppo che dalle 13 di mercoledì a venerdì 18 ottobre è cresciuta di un centinaio di migliaia di utenti, attestandosi attorno ai 350.000 membri. Sui social network, dove le comunicazioni arrivano in seconda battuta, i numeri sono nettamente inferiori: 192.000 follower su Twitter e 134.000 su Instagram.

Il nome deriva da un’espressione usata da uno dei leader attivisti incarcerati, Jordi Cuixart, presidente di Òmnium Cultural, associazione nata negli anni ’60 per promuovere e diffondere la lingua e la cultura catalana. Questo Tsunami Democratico, impegnato nel mantenere le manifestazioni non violente, ha letteralmente bloccato due aeroporti, ma com’è possibile che chi muove i fili di un movimento di protesta che gestisce le mobilitazioni di centinaia di migliaia di persone (le marce per la libertà sono un altro esempio pratico delle loro capacità logistiche) riesca a rimanere anonimo in quest’era digitale dove tutti, specialmente online, lasciano le loro tracce?

In una conversazione con il sito eldiario.es una fonte dello Tsunami ha sottolineato come “una rete del genere non si inventa, già esisteva”: del resto, senza tenere in conto tutto il lavoro che ci deve essere stato per stampare cartelli e flyer o per realizzare il video di Guardiola, una app non si sviluppa e non si riesce a piazzare su un sito per essere scaricata (sugli store non si trova per via delle politiche troppo restrittive) in qualche ora.

Lo Tsunami è un’iniziativa nata da un gruppo di persone attiviste nell’indipendentismo di sinistra e nei movimenti sociali che hanno iniziato a collaborare già dopo i fatti del 2017. Il movimento si è attivato lo scorso 2 settembre con l’appoggio pubblico su Twitter da parte del presidente della Generalitat de Catalunya, Quim Torra, del suo vicepresidente Pere Aragonès e del presidente del Parlamento della Catalogna, Roger Torrent.

Non si sa chi siano i suoi leader, però la polizia crede che il via libera sia arrivato in una riunione in Svizzera, a Ginevra, tra l’ex presidente della Generalitat de Catalunya Carles Puigdemont, Torra, i rappresentanti dei partiti nazionalisti catalani, l’Assemblea Nazionale Catalana e Òmnium Cultural. Fernando Grande Marlaska, ministro dell’Interno del governo Sánchez, dopo le proteste che hanno bloccato l’aeroporto di Barcellona El Prat e di Madrid Barajas, ha affermato che “prima o dopo scopriremo chi si cela dietro il movimento”. In una dichiarazione al giornale online Nació Digital, i membri dello Tsunami hanno affermato di non aver paura: “Il problema non è aver paura o essere consci delle conseguenze. Il problema è che non c’è alternativa”.

Ovviamente Tsunami Democràtic non è l’unica proposta per le rivolte indipendentiste: ci sono i Comitati di Difesa della Repubblica (CDR), il collettivo Anonymous Cataluña e Picnic X la República, ma diciamo che pur essendo il movimento più “giovane”, è quello che sta facendo più parlare di sé, anche per quest’aura di mistero legata alla segretezza sui suoi membri e fondatori. Aura di mistero che aleggia anche attorno alla app, che si può scaricare solo se si conosce qualcuno che ha il codice QR necessario per il download che però non assicura che la app funzioni al 100%.

L’obiettivo principale, secondo l’articolo uscito sul sito del quotidiano El Paìs, è riuscire a instaurare una comunicazione cifrata tra utenti, assicurandosi di non venire intercettati. C’è da specificare però che nell’app dello Tsunami non tutti sono allo stesso livello: c’è un gruppo di amministratori che può inviare messaggi, che decide le azioni, che genera e consegna i codici QR e poi migliaia di utenti che ricevono gli ordini e li eseguono, chiamati “gocce” nel gergo dell’app. “Uno spazio dove si può condividere il proprio impegno sotto forma di tempo e risorse. Lo Tsunami è fatto di gocce”, si può leggere in una descrizione dell’applicazione interna al suo codice.

Insomma, le difficoltà tecniche non mancano e lo Tsunami lo sa: sui suoi canali social sono state pubblicate in serie delle risposte a domande frequenti, tra cui anche la questione dell’esistenza di una versione di app per iPhone, che non è disponibile. Le interazioni sui social non sempre sono positive, anzi, ma sicuramente nessuno si aspettava il contrario. Quando, alle 21:48 di lunedì 14, è stato pubblicato il tweet con cui si invitavano i presenti in aeroporto a tornare a casa, si sono scatenate migliaia di reazioni tutt’altro che soddisfatte: “Abbiamo già abbandonato il campo due anni fa e guardate com’è andata a finire. Questa volta non commetteremo lo stesso errore”; “Già stiamo terminando la manifestazione? Questo non lo decidete voi! Si vota!!!”.

Il 18 ottobre, quando il Tribunale Nazionale ha incriminato per indizi di terrorismo lo Tsunami Democràtic e il giudice García Castellón ha ordinato di chiudere il sito della piattaforma, le reazioni non si sono fatte attendere molto. Su Telegram è arrivato un lungo messaggio dove si può leggere anche: “Comincia la censura, così come ai tempi del 1 ottobre. La domanda è: credete che uno Tsunami si possa fermare?”. Il sito si è spostato su un altro indirizzo e sono arrivate le indicazioni per aggirare la censura. Censura che è valsa alle autorità spagnole una “tirata di orecchie” da parte della Commissione Europea, che le ha invitate a “trovare l’equilibrio” tra “garantire la libertà d’espressione e il mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza”.

Intanto gli ultimi messaggi arrivati sul canale Telegram indicano intenzioni salde: gli esempi storici chiamati in causa sono il Mahatma Gandhi, Nelson Mandela, Rosa Parks e Martin Luther King. C’è da vedere quanto durerà questo braccio di ferro con le autorità e se gli tsunamisti riusciranno nel loro intento di potersi sedere a un tavolo per discutere una possibile soluzione.

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