Alla Camera è in discussione in queste ore il Ddl Salva mare che dovrebbe consentire ai pescatori di portare e conferire a terra i rifiuti che recuperano in mare, senza doverne sostenere i costi di smaltimento, come invece avviene oggi. Il testo, approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 aprile 2019 e firmato dal ministro dell’ambiente Sergio Costa, aveva subìto una battuta d’arresto causata dalla crisi di governo. Dopo un ampio ciclo di audizioni con associazioni, imprenditori del settore ed enti a vario titolo coinvolti, il ddl, frutto dell’unificazione di tre diversi disegni di legge, è stato approvato il 10 ottobre scorso in Commissione Ambiente. Composto ora da 10 articoli, detta disposizioni che comportano, tra l’altro, un parziale e anticipato recepimento della nuova direttiva 2019/883/UE sugli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi ed è approdato in Aula il 14 ottobre. Ci sono da votare 60 emendamenti prima che si arrivi alle dichiarazioni di voto, che riguardano aspetti ancora da chiarire e punti contestati dall’opposizione, Lega in prima fila. “È una misura importante per ambiente e salute dei cittadini – sostiene, invece, la deputata LeU Rossella Muroni, relatrice del provvedimento insieme all’onorevole Paola Deiana (M5S) – tanto più considerando che ogni anno finiscono nelle acque del pianeta 8 milioni di tonnellate di plastica e che questi rifiuti si scompongono in pezzi sempre più piccoli e vengono ingeriti dai pesci, entrando così nella catena alimentare”.

COSA MANCA – Un traguardo a cui è arrivato, va ricordato, svuotato della misura che avrebbe dovuto prevedere il divieto dal 1 gennaio 2020 dell’immissione sul mercato dei prodotti di plastica monouso, anticipando il bando europeo del 2021. Una decisione a cui si è arrivati dopo un confronto tra il Movimento 5 stelle e gli ex alleati della Lega, che hanno sostenutola necessità di dare alle imprese italiane produttrici di stoviglie in plastica il tempo di adattarsi alle nuove regole.

IL TESTO – Il testo inserisce tra i rifiuti urbani anche quelli accidentalmente pescati (Rap) o volontariamente raccolti (Rvr). Per i primi si intende quelli raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca. Per ‘rifiuti volontariamente raccolti’ si intende, invece, quelli raccolti nel corso delle campagne di pulizia, anche in questo caso nel mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune”. L’articolo 2 disciplina le modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati che, equiparati a quelli prodotti dalla nave, dovranno essere conferiti in modo gratuito all’impianto portuale di raccolta. Se la nave è ormeggiata in un’area che non è di competenza di un’Autorità portuale, dovranno essere i comuni territorialmente competenti, nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani, a disporre che i ‘Rap in mare’ siano conferiti ad apposite strutture di raccolta, anche temporanee, allestite in prossimità degli ormeggi. Un ulteriore caso è disciplinato dal comma 3: il comandante della nave che approda in un piccolo porto non commerciale, caratterizzato soltanto da un traffico sporadico o scarso di imbarcazioni da diporto, deve conferire i Rap presso gli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti.

LE ULTIME MODIFICHE – In Commissione Ambiente sono passati tre emendamenti presentati dalle relatrici Rossella Muroni di LeU e Paola Deiana del M5s. Oltre all’emendamento che ha allargato l’ambito di applicazione del Salva mare anche a fiumi e laghi, un’altra modifica ha esteso la promozione del riciclo a tutti i rifiuti pescati in mare e non solo a quelli in plastica. Un terzo emendamento ha poi sostituito la ‘certificazione ambientale’ prevista per gli imprenditori ittici che utilizzano materiali di ridotto impatto e si adoperano per la pulizia del mare con un ‘riconoscimento ambientale’. La disciplina delle procedure, delle modalità e delle condizioni per l’attribuzione del riconoscimento è demandata a un regolamento ministeriale, adottato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dal ministro dell’Ambiente, di concerto con il ministro delle Politiche agricole.

LA DISCUSSIONE IN AULA – Mentre il deputato pentastellato in commissione Ambiente Salvatore Micillo, in aula ha ricordato che “ogni settimana ciascuno di noi ingerisce microplastiche per un quantitativo che ammonta a circa 5 grammi, l’equivalente di una tessera di abbonamenti per i mezzi pubblici”, il deputato M5S Alberto Manca ha sottolineato che “ogni anno i Paesi del Vecchio Continente riversano in mare tra 150 e 500mila tonnellate di plastica, senza contare le altre tipologie di rifiuti” e che “il 70% di questi rifiuti si deposita sui fondali creando vere e proprie discariche marine”. “Le misure che finalmente il Parlamento si accinge a votare – ha aggiunto – sono pienamente in linea con il quadro normativo europeo”. La deputata leghista Vania Valbusa ha invece manifestato alcune perplessità. In primis sul comma 6 dell’articolo 2: il testo dispone che i costi di gestione dei Rap “sono coperti con una specifica componente che si aggiunge alla tassa o tariffa sui rifiuti”. La finalità “è quella di distribuire sull’intera collettività nazionale gli oneri”.

I NODI DA SCIOGLIERE – Un aspetto criticato anche dal coordinatore nazionale dei Verdi Angelo Bonelli e già affrontato nei giorni scorsi da tutti i deputati della Lega in Commissione Ambiente, Valbusa compresa: “Il governo giallofucsia è uscito allo scoperto e ha varato la prima tassa sulle spalle degli italiani con l’introduzione di una nuova voce nel bollettino Tari, la tassa sui rifiuti, nascosta tra le maglie del ddl Salvamare”. In Aula la Valbusa è tornata sul punto: “Il governo non è stato capace di creare un fondo ad hoc”. Secondo il Carroccio, inoltre, il testo crea confusione nella classificazione tra rifiuti urbani e rifiuti speciali. “Il testo – ha detto in Aula la deputata – prevede che se rifiuti raccolti e conferiti in piccoli porti non commerciali o in zone non comprese nella competenza territoriali di un’autorità portale sono considerati rifiuti urbani e, quindi, verrano facilmente differenziati e avviati a un’attività di recupero, mentre gli stessi identici rifiuti diventano speciali se il conferimento avviene all’interno di una zona di competenza dell’autorità di sistema portuali”. Il Carroccio ha annunciato un emendamento a riguardo.

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