Ci sono sei miliardi di ragioni se tra le priorità nella lotta all’evasione fiscale in questa manovra economica il Governo ha indicato la lotta alle frodi sui carburanti. Le ultime stime sul fenomeno dicono che dal 10 al 20% del prodotto movimentato in Italia corra ormai sul mercato illegale e parallelo, sottraendo all’Erario 6 miliardi, in buona parte attraverso frodi sull’Iva. Il giro d’affari è vorticoso e le organizzazioni che si sono inserite mettono sotto schiaffo gli operatori onesti, anche con minacce dirette. Spesso riescono a rilevare l’intera filiera, dal deposito alla pompa, per rendere più difficili i controlli. Quando vengono scoperte, i responsabili spariscono perché utilizzano società-cartiera intestate prestanome.

Al traffico illegale di prodotti petroliferi lo Stato ha risposto con un crescendo di operazioni e controlli: nell’ultimo anno e mezzo solo la Guardia di Finanza ha messo a segno 128mila interventi ispettivi, contestato 15.976 reati fiscali, denunciato 18mila persone e individuato oltre 3mila società cartiere utilizzate per frodi carosello o indebite compensazioni dell’Iva. All’azione repressiva non è però seguita un’incisiva opera di riforma della materia fiscale e penale. Quando ha potuto, anziché in modo tempestivo ed efficace, il legislatore si è mosso in ritardo e complicando il quadro regolatorio. Alcuni esempi.

Le misure di contrasto varate con la precedente manovra sono rimaste appese a una circolare interpretativa del Mef che ha impiegato un anno e mezzo per vedere la luce. Ma c’è di peggio. Ha impiegato ben 13 anni per vedere la luce la dichiarazione telematica per le accise (Das), una sorta di segnale-spia di regolarità. Una legge del 2006 aveva pensionando quella cartacea, la versione informatizzata sarà operativa in via sperimentale solo dal gennaio 2020. Questo pregresso spiega la diffidenza degli operatori del settore di fronte all’annuncio di nuove misure come quelle scritte nelle bozze di collegato fiscale alla manovra che sarà al vaglio del Consiglio dei ministri di oggi. E verso l’aspettativa di dichiarata dal governo secondo cui dovrebbero consentire un recupero di 1,1 miliardi. Ecco i provvedimenti.

Niente reverse charge, abolite lettere di intenti
L’esecutivo ha inserito nella bozza un pacchetto di misure antievasione con l’obiettivo di diminuire il cosiddetto ‘tax-gap‘ legato alle accise e all’Iva sui carburanti, ovvero il differenziale tra le stime di incasso legate all’immissione del prodotto e gli incassi reali. Nella relazione tecnica correlata al decreto fiscale dedicato al tema, si stima un recupero di risorse per “la gestione in regime di deposito fiscale degli impianti strategici di stoccaggio di prodotti energetici per autotrazione mediante utilizzo di sistema informatizzato” pari a una cifra che varia da 100 a 200 milioni l’anno (dalla stima più pessimistica a quella più ottimistica). Inoltre, con l’adozione del Das informatico – il Documento Amministrativo Semplificato – nella filiera del gasolio e della benzina per autotrazione l’ipotesi è di recuperare tra i 400 milioni e i 910 milioni l’anno. Mettendo insieme le due misure si potrebbe quindi arrivare a circa 1,1 miliardi l’anno, nelle previsioni più ottimistiche.

Un articolo della bozza modifica il Testo unico per le Accise (Tua), che al momento fissa in 5 giorni il limite temporale entro cui deve concludersi il regime di sospensione dell’accisa per la movimentazione del prodotto. Il decreto accorcia questo limite a 24 ore: entro un giorno dalla presa in consegna, quindi, la nota di ricevimento dei prodotti andrà trasmessa all’Amministrazione finanziaria. Entro il 30 giugno 2020 verrà poi istituito ‘Infoil’, cioè un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione dei prodotti energetici per autotrazione.

Vengono poi abolite le “lettere di intenti”, cioè quelle autodichiarazioni di esportazione abituale che consentivano ai trafficanti di far viaggiare il prodotto in regime di sospensione dell’Iva come fosse destinato al mercato estero, salvo poi commerciarlo su quello nazionale praticando prezzi bassissimi ai distributori di benzina, che solo tale meccanismo fraudolento può consentire.

Come detto, scompare invece dai radar la cosiddetta reverse charge, il meccanismo di inversione contabile per cui l’imposta viene paga da chi vende a valle della catena e non da chi acquista. Introdotta nel settore dell’elettronica, è stata ventilata per anni anche per quello dei carburanti ma l’Europa a luglio ha cassato la richiesta della Lituania e in Italia la sua introduzione è stata fortemente osteggiata dalle grandi compagnie raccolte nell’Unione Petrolifera. Su questo, nessun governo sembra spuntarla.

La prudenza degli operatori: “Può funzionare, dipende dall’applicazione”
Il pacchetto di misure viene accolto con cauto ottimismo dalle associazioni di categoria e dagli addetti ai lavori. Lo Stato ha reagito duramente sul fronte della repressione mentre ha latitato sul fronte normativo. “E’ un primo passo avanti per contrastare un fenomeno abnorme, che sta mettendo in crisi l’imprenditoria del settore onesta e vale dal 10 al 20 % del mercato petrolifero in Italia”, dice ad esempio Elisabetta Vianello, imprenditrice veneta con 100 impianti di distribuzione e 200 dipendenti da sempre schierata contro il fenomeno dell’illegalità che spesso e non sempre a ragione, viene imputato al solo circuito delle “pompe bianche”, cioè i distributori che sono sganciati dalle grandi compagnie petrolifere.

“Il legislatore prende finalmente atto di due requisiti necessari per una più incisiva lotta alle frodi fiscali”, sostiene l’avvocato Bonaventura Sorrentino, contitolare di uno degli studi legali e tributari più attivi nel settore. “E’ fondamentale introdurre la tempestività nel sistema del regime di sospensione ed un maggior uso dei sistemi informatici con riferimento agli adempimenti contabili e fiscali”.

Il vantaggio derivante dal minor tempo entro cui deve chiudersi la circolazione del prodotto – spiega l’esperto – consente un più tempestivo controllo dei dati e della corrispondenza con le informazioni inserite nel documento elettronico “di partenza ” ( E-AD ), e dunque una maggiore incisività nei controlli”. Con riferimento al sistema “Infoil”, già praticato per altre realtà del settore , conferirebbe tracciabilità informatizzata di dati relativi ai prodotti energetici e dunque anche in questo caso un più incisivo controllo, in termini di verifica ed accertamento, come di movimentazione del prodotto. Bene anche la stretta sui depositi commerciali e destinatari registrati, come pure pene più severe in termini di sequestri per importi equivalenti a quelli che si presume evasi”.

“Se va in porto potrebbe funzionare”, dice Gabriele Masini di Staffetta Quotidiana, giornale specializzato sulle questioni energetiche che solleva però dubbi sull’applicazione. “Bene vietare lettere di intento, ma c’è il rischio che le esenzioni per autotrasportatori con rotte internazionali vanifichino un po’ l’effetto. Bene anche Das elettronico, ma bisognerà vedere l’applicazione, se sono pronti gli strumenti applicativi delle dogane e soprattutto chi paga per applicare la tracciabilità”. Bene, infine, la riduzione esenzioni a pagamento anticipato Iva. “Tutte misure in cui l’applicazione fa la differenza”.

Articolo Precedente

Evasione, la lotta al contante non serve a nulla. Se non a dare più controllo a chi ha il potere

next
Articolo Successivo

Premio Nobel agli studiosi della povertà. L’economia torna a fare il suo mestiere

next