“Son tutti esperti, con il deretano degli altri”. Me lo ha suggerito Tonino, avventore del bar sport sotto casa. La questione dei curdi tiene banco, fra un bicchiere di sambuca e un caffè. In caso di intervento europeo, Erdogan minaccia di lasciar andare tre milioni di profughi siriani – attualmente ospitati in territorio turco – oltre confine. Lo paghiamo circa sei miliardi all’anno per tenerseli e gestirli. Ora, questa massa di disperati, fatta di siriani – siriani, lo ripetiamo per chi fa distinzioni a casa nostra – è utilizzata come arma.

Non c’è dubbio che la voce grossa degli europei, partendo da Giuseppe Conte e finendo per Angela Merkel, andrà in frantumi all’idea che i famosi “rubinetti” del flusso d’immigrazione vengano lasciati aperti. L’atroce soluzione? L’Europa non è nuova all’appalto del problema profughi. Guardiamo alla Libia dove le cancellerie o i ministeri di mezzo continente hanno subaffittato la gestione del flusso migratorio a trafficanti o a governi come quello di al Sarraj o Haftar. Ma qui la questione è un’altra ancora: la tifoserie da bar sport che non ci permettono di costruire un serio dibattito.

I curdi sono oggi le vittime? Sì, è vero. Ma quando parliamo di curdi in Siria bisogna fare le distinzioni fra civili e partiti. In questo caso il Pyd, braccio siriano del Pkk di Ocalan, tanto caro ai centri sociali e all’estrema sinistra italiana, è stato lasciato da Washington che gli aveva garantito negli ultimi anni la protezione dal sultano Erdogan. Parlare oggi, in Italia, del Pyd, tentare di distinguere le colpe politiche dalla questione dell’indipendenza curda, è qualcosa di complesso. Dire che a Kobane, nome curdo dato a Ayn al Arab, la maggioranza della popolazione era araba e ora è curdo-siriana significa attirarsi le inimicizie dei tifosi con la verità in tasca.

La motivazione è che in molti hanno visto nelle formazione dell’Ypg, il braccio armato del Pyd, un nuovo sogno di internazionalismo, peccato che dietro le quinte fosse a stelle e strisce. Che Erdogan sia un dittatore non ci sono dubbi. Che la guerra in Siria sia cominciata con l’intervento dei turchi è una grande menzogna. Come è una bugia pensare che la guerra sia confinata solo al nord del paese e non abbia risucchiato in un vortice, da oltre otto anni, le vite di milioni di altre persone.

L’appello va ai tanti simpatizzanti della causa curda e alle autorità politiche italiane: guardate la Siria nel complesso, con uno sguardo temporale che vada dal 2011 a oggi. Abbandonate ogni tifoseria perché il fondoschiena non è il vostro.

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