Dai cavalieri della tavola rotonda alla Woodstock partenopea. Il comune denominatore è hard: duro lavoro per i primi, rock puro al secondo. L’invito lungo come una tovaglia della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro mi arriva da un pezzo grosso di Genova (non dico il nome, sennò viene radiato). Titolo: Europa. Radici, Ragioni e Futuro. E il meglio del cavalierato tricolore in pompa magna (vengono da ogni angolo d’Italia) si incammina lungo la magnifica scalinata di Palazzo Reale. Il convegno annuale è un po’ la Coppa dei Campioni senza il tifo da curva B. Calci e sgambetti possono esserci in entrambi i campi sia rincorrendo una palla che una carriera di onorificenze.

Nel teatrino di corte dove il re e la sua corte si sollazzavano adesso siedono i cavalieri della Repubblica con il petto sporgente in fuori per far risaltare galloni e medaglie, medagliette. Stesso sfondo di stucchi dorati/carichi/barocco e velluti rosso e imponenti statue neo/classiche. Diversi i contenuti. Dove sta andando l’Europa che per secoli è stata motore di civiltà e progresso? Già, me lo chiedo pure io. I Cavalieri sono desiderosi di cambiamento. Lo sono anche io e i ragazzi del global strike, un serpente umano in scena da Caltanissetta a Copenaghen al grido: “Se ci bloccano il futuro, noi blocchiamo l’Europa”. Sloganeggia il presidente Istituto Affari Esteri Nelli Feroci: “La paura bussò alla porta, andò ad aprire il coraggio e non c’era nessuno”. Autocitazione frequente di Martin Luther King. Applausi.

“Io non ho paura. Questo deve essere lo spirito del nostro tempo”, moderatamente Lucia Annunziata, direttore dell’Huffington Post. Ri/applausi. Parterre gremitissimo, tante facce note e meno note, da Gianni Letta a Giovanni Maria Flick. Ai colli diversi colori di “bavaglini” con nome accreditato: rosso, nero, giallo, verde. Io ho il verde dunque presumo sia quello meno vip. Poi vedo che Vito Grassi, Presidente della Confindustria Campania e mentore della Bagnoli bonificata, è seduto dietro di me e rivaluto la mia postazione. In sala grande fremito e Lucia dice: “Sta per arrivare il Presidente. Va bè, qui dentro sono tutti presidenti. Ma lui è con la P maiuscola, Sergio Mattarella”. Preceduto dai corazzieri con pennacchio, prende posto. Tutti in piedi e attacca l’inno nazionale. Mi aspetto il coro, ma appena ugoleggio Fratelli d’Italia…. mi accorgo di essere l’unica e smetto subito. Intanto Antonio D’Amato, Presidente (aveva ragione l’Annunziata, eh) nazionale della Federazione dei Cavalieri, prende la parola. Parla chiaro, limpido, non in politichese. Senza il Sud l’Italia non va da nessuna parte. Eh, andatelo a dire a Salvini. “In un momento in cui c’è bisogno di più Europa, pensare che qualche regione da sola c’è la possa fare è un illusione”. Applausi scroscianti.

Prima di lui aveva parlato Ernesto Galli Della Loggia, professore emerito di Storia Contemporanea alla Scuola Normale di Pisa e saggista spacca/opinioni. Corre voce che i cavalieri della tavola rotonda erano molto in apprensione. Perché dopo la polemica sullla borghesia napoletana camorizzata si sia venuto a infilare proprio nella tana del lupo. Un colpo alla “rispettabilissima” borghesia napoletana. Molti di quella classe dirigente e negligente bacchettata adesso siedono lì. Ma il suo intervento su temi più ampi come il futuro dell’ Europa fila liscio. Il lunch è servito nel giardino di Palazzo Reale. Ma ai vol au vent glassati serviti da camerieri in livrea preferisco lo spaghetto alle zucchine di Nerano. Scappo al circolo Posillipo (non me ne vogliano i cavalieri della tavola) e finisco nel mezzo di una premiazione, è proprio un bel vedere muscoli e speedo evidenziatori dei pallanuotisti. Tutto pronto per salpare, alla pancia non si comanda.

Tramonto, giardino della Reggia di Capodimonte, dove venivano organizzati dejeuner sur l’herbe per la corte reale, è la location perfetta per il gala del cavalierato. Padrona di casa un’impeccabile Marilù Mennella D’Amato, sua moglietà di Antonio. Montati gazebo decorati con le antiche sete di San Leucio e serviti piatti stellati di Generino Esposito che ha voluto 40 forni per servire simultaneamente i 400 ospiti. Chi si aspettava aragoste e ostriche, più chic il pesce bandiera ( della tradizione culinaria povera), servito con zuppetta di olive e mandorle, risotto con cuore di bue ( il pomodoro s’intende) e limone candito e calamaretti ripieni di provola affumicata. Al contorno musicale di Cimarosa e Scarlatti intorno alla Fontana del Belvedere prevale il battito rock. Di Mimmo e Annapaola Rock, per l’appunto, nel parco di Marechiaro, il woodstock che i nostalgici dell’eventone sballo ci invidiano. Mi sbottono il reggiseno e lo butto sul palco a Vasco Rossi. Una precisazione, Vasco è la cover band, anche se, canta e si agita come lui… I reggiseni con la scritta Fammi godere erano stati distribuiti all’ingresso e alcune fan (tra cui la sottoscritta) ce lo siamo allacciate sulle mise pronti al lancio. Mentre Vasco gorgheggia Vado al massimo…

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