Il Ministero del Lavoro sta verificando “l’eventuale presenza di anomalie” riguardo alla notizia pubblicata da La Verità sull’erogazione di 623 euro al mese come reddito di cittadinanza in favore di Federica Saraceni, ex brigatista condannata a 21 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio di Massimo D’Antona e attualmente agli arresti domiciliari. Fonti del dicastero fanno sapere che il caso “è oggetto di verifica da parte dei competenti uffici del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero della Giustizia e l’Inps”.

Il quotidiano scrive che l’ex terrorista delle Br ha iniziato a percepire la somma i primi di agosto, nonostante si trovi ai domiciliari dal 2005. Ma la legge prevede che a non poter ricevere il reddito siano, tra gli altri, coloro sottoposti a “misura cautelare personale” e condannati in via definitiva per reati gravi nei dieci anni precedenti la richiesta. La sentenza definitiva nei confronti di Saraceni risale, però, al 2007.

Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, interpellato sulla questione ha spiegato che, a norma di legge, Saraceni ha diritto a ricevere la somma mensile: “Stiamo verificando. I requisiti reddituali, patrimoniali e occupazionali, requisiti che competono all’Inps, ci sono – ha detto – La norma prevede che se la persona ha ricevuto una condanna nei dieci anni precedenti c’è il blocco. Lei l’ha ricevuta 12 anni fa. Basta leggere la legge”.

Il capo politico della Lega, Matteo Salvini, sulla norma ha dichiarato: “O la chiariscono o la ritirano. O fermiamo i lavori del Parlamento”. Sulla questione è intervenuta anche la deputata del Pd ed ex ministro per la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia: “Il caso della brigatista Saraceni – ha scritto su Twitter – che attualmente può percepire il reddito di cittadinanza rende chiaro che la norma è sbagliata e su questo punto bisogna intervenire. Ho presentato una interrogazione sul caso”.

“Ho provato un grande senso di ingiustizia – ha commentato a Radio Capital Olga D’Antona, vedova del giurista ucciso dalle Br – Non sempre quello che è legale è giusto. L’ingiustizia non la subisco io, ma tutti i cittadini. La norma va rivista”. Aggiunge poi che “è giusto che il reddito sia concesso a chi ha esaurito la propria condanna e si è ravveduto, ma non è questo il caso. E poi lei ha alle spalle una famiglia che può sostenerla e che ha sempre dimostrato di volerla sostenere. E ora, che c’è anche il Pd, mi aspetto che il governo faccia qualcosa”.

Anche i parlamentari della Lega, hanno “depositato un’interrogazione parlamentare al Ministro del Lavoro, perché riteniamo una cosa indegna di uno Stato civile che gente che si è macchiata di reati gravissimi contro lo Stato, possa ricevere aiuti economici da quello stesso Stato cui si era dichiarato guerra”, come dichiara Rossano Sasso, cofirmatario dell’interrogazione parlamentare insieme ai colleghi Durigon e Murelli. “Ci chiediamo come possa essere possibile – aggiunge Sasso – che criminali come quelli citati possano ricevere soldi dallo Stato, poiché a norma di legge condicio sine qua non per beneficiare del Reddito di cittadinanza è che il richiedente non sia sottoposto ‘a misure cautelari personali’. Chi ha attaccato lo Stato ed il nostro ordinamento, teorizzando, incitando e materialmente ponendo in essere fatti gravissimi contro la nostra democrazia non dovrebbe vedere un centesimo di soldi pubblici, altro che reddito di cittadinanza”.

Roberto Della Rocca, presidente dell’Associazione nazionale vittime terrorismo, è intervenuto sulla questione dichiarando che “se si tratta di condannati passati in giudicato a tutti gli effetti, è evidente che non può essere riservato un premio di tale portata. E non voglio dire altro”. Della Rocca puntualizza che la sua non è una valutazione politica: “Non voglio criticare il reddito di cittadinanza – aggiunge -, ma sembra che siano necessarie delle correzioni se i requisiti per percepirlo vengono disattesi. Come raccontare o spiegare ai familiari delle persone uccise? Che reazione potrebbero avere? Non può esserci un premio per queste persone”.

Saraceni non è l’unica ex terrorista a percepire il reddito. Fra questi c’è Raimondo Etro, 68 anni, altro brigatista coinvolto nel sequestro Moro e nell’omicidio del giudice Riccardo Palma. L’ex Br da aprile incassa 780 euro, il massimo consentito dalla nuova legge introdotta dal governo gialloverde, dopo aver scontato una condanna a 20 anni e sei mesi inflittagli nel 1998 dalla Corte d’Assise: “Prenderò 780 euro, 280 come contributo per l’affitto, il resto per la spesa. Di certo andranno via tutti”, aveva raccontato al Corriere della Sera.

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