Dalla Bce arriva un nuovo appello ai governi “interessati da un rallentamento economico” che dispongono di “margini per interventi di bilancio”: “Dovrebbero agire in maniera efficace e tempestiva“, si legge nell’ultimo bollettino economico che ricalca le parole pronunciate il 12 settembre da Mario Draghi. E la cancelliera tedesca Angela Merkel sembra raccogliere, perché da Francoforte si dice convinta che i governi europei abbiano “il compito politico di non sovraccaricare la politica economica” della Bce intervenendo “con riforme sensate e politiche finanziarie“. Intanto però l’opposizione alle politiche ultraespansive del presidente uscente si è concretizzata in un addio polemico: mercoledì sera la rappresentante tedesca Sabine Lautenschläger ha dato le dimissioni da membro del comitato esecutivo dell’Eurotower.
Da sempre critica nei confronti delle scelte di Draghi, durante l’ultima riunione si era dichiarata contraria a riavviare il programma di acquisto di obbligazioni in funzione di stimolo all’economica, il quantitative easing. Che invece ripartirà al ritmo di 20 miliardi al mese da novembre, quando Draghi lascerà la poltrona di vertice a Christine Lagarde. E Lautenschläger lascerà esattamente il giorno prima: sarà fuori dal 31 ottobre, in anticipo di quasi due anni e mezzo rispetto al termine del suo mandato.
Il passo indietro polemico è arrivato nonostante, come mostra un’analisi dell’economista Marcello Minenna pubblicata domenica sul Sole 24 Ore, il pacchetto di misure espansive varato il 12 settembre porti ingenti vantaggi alle banche tedesche. Tra le altre misure, infatti, è prevista l’esenzione dai tassi negativi di una parte delle riserve in eccesso depositate dalle banche presso l’Eurosistema. Secondo i calcoli di Minenna, “il beneficio complessivo è stimabile intorno ai 4 miliardi di euro l’anno, di cui 3,2 sono attribuibili al tiering delle riserve”, ma gli aiuti non saranno distribuiti uniformemente: “circa il 50% andrà alle banche tedesche, il 12% a quelle italiane e il 9% alle spagnole”.
Il giorno dopo questo terremoto ai vertici, la Bce ha diffuso il suo bollettino mensile in cui ribadisce che i rischi per le prospettive di crescita dell’Eurozona sono “orientati al ribasso” e “sono principalmente legati alle incertezze connesse a fattori geopolitici, alla crescente minaccia del protezionismo e alla vulnerabilità dei mercati emergenti“. Inoltre la produzione industriale, fra gennaio 2018 e giugno 2019, ha subito “le diminuzioni più ingenti” in Germania (10,9 punti percentuali), nei Paesi Bassi (5,7 punti) e in Italia (5,5 punti). Di fronte a questo scenario, “tutti i paesi dovrebbero intensificare gli sforzi per conseguire una composizione delle finanze pubbliche più favorevole alla crescita” e in particolare “i governi interessati da un rallentamento economico che dispongono di margini per interventi di bilancio dovrebbero agire in maniera efficace e tempestiva”.
E’ l‘ennesimo appello al governo tedesco (ieri è arrivato anche quello degli industriali) perché, in vista della manovra, allarghi i cordoni della borsa abbandonando il dogma dello “Schhwarze Null”. Per ora la risposta della maggioranza che sostiene Angela Merkel resta negativa. La più disponibile a qualche apertura – insieme a frange dell’Spd – sembra proprio la cancelliera-