Da “Quell’uomo brutto ma buono” a “Il gigante buono“, fino all’intervista di Bruno Vespa con Lucia Panigalli, in passato sopravvissuta a un tentativo di femminicidio: frasi, titoli e esempi di narrazione giornalistica “tossica” che Non Una di Meno ha denunciato fortemente dopo le polemiche degli scorsi giorni. Lunedì mattina, alcune delle rappresentanti del collettivo femminista si sono incontrate con una delegazione dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia per un confronto sulle future attività a sostegno di una giusta narrazione giornalistica.

Prima il flashmob fuori della sede dell’Ordine contro quella che Non Una di Meno definisce la “narrazione tossica“, poi l’incontro con i giornalisti, per proporre un codice etico e deontologico da seguire quando si trattano casi di femminicidio o violenza sulle donne, nonostante sia già presente il Manifesto di Venezia. “Se non è la cultura a fare la differenza chi può farla? Non basta andare nelle scuole. Queste narrazioni sono l’inizio della giustificazione delle violenze. Il linguaggio crea pensiero”. Dopo più di un’ora di confronto, i vari presenti si sono trovati d’accordo su alcuni punti comuni. L’ordine dei Giornalisti della Lombardia ha accettato di promuovere, presso il Consiglio Nazionale dei Giornalisti, lo studio di una revisione del Testo Unico dei doveri del giornalista o una possibile integrazione del Manifesto di Venezia.

“Stiamo parlando di una patologia e non di una fisiologia del sistema. Un approccio culturale non abbastanza maturo, a volte presente in media molto importanti, compresa la Tv di Stato. Dobbiamo sensibilizzare una frangia della professione giornalistica”, ha sottolineato il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia Alessandro Galimberti.

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