Nel 2009, veniva emanata la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 128 finalizzata a garantire “l’utilizzo sostenibile dei pesticidi tenendo conto del principio di precauzione” (Considerando n. 1). A tal fine, nel testo legislativo in questione si legge che “gli Stati membri adottano piani d’azione nazionali per definire i propri obiettivi quantitativi, gli obiettivi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell’utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull’ambiente e per incoraggiare lo sviluppo e l’introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi al fine di ridurre la dipendenza dall’utilizzo di pesticidi” (art. 4).

La direttiva veniva recepita in Italia dal decreto legislativo n. 150/2012, teso a: “a) ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità; b) promuovere l’applicazione della difesa integrata e di approcci alternativi o metodi non chimici” (art. 1). Anche qui, all’art. 2, si sancisce che “le disposizioni del presente decreto si applicano tenendo conto del principio di precauzione”.

Nello scorso febbraio, il Parlamento europeo votava una risoluzione nella quale si considera “che la direttiva rappresenta uno strumento valido per garantire che l’ambiente, gli ecosistemi e la salute umana e animale siano ben tutelati dalle sostanze pericolose presenti nei pesticidi [….]; che l’attuazione completa e globale della direttiva costituisce un prerequisito per conseguire un livello elevato di protezione e per realizzare la transizione verso l’agricoltura sostenibile, la produzione di alimenti sicuri e salutari e un ambiente non tossico che garantisca un livello elevato di protezione della salute umana e animale” (Considerando B).

Il Parlamento non si perita, inoltre, di constatare “che le attuali pratiche della Commissione e degli Stati membri in merito all’approvazione delle sostanze attive e all’autorizzazione dei prodotti fitosanitari non sono compatibili con gli obiettivi e la finalità della direttiva; che le attuali pratiche impediscono di raggiungere il livello di protezione più elevato possibile e di realizzare una transizione verso un settore agricolo sostenibile e un ambiente non tossico” (Considerando F).

E, ancora, denuncia “che l’attuale quadro normativo [….] è stato concepito per la valutazione e la gestione dei Ppp (prodotti fitosanitari, nota del redattore) chimici e non è pertanto adeguato alle sostanze attive e ai prodotti biologici a basso rischio; che tale quadro inadeguato sta rallentando in maniera significativa l’immissione di Ppp biologici a basso rischio sul mercato, spesso dissuadendo i richiedenti; che ciò ostacola l’innovazione e frena la competitività dell’agricoltura dell’UE” (Considerando H); e dichiara “che l’agricoltura biologica svolge un ruolo importante quale sistema con impiego ridotto di pesticidi e dovrebbe essere ulteriormente incoraggiata” (Considerando J).

Con ciò, potendosi chiaramente ricavare dal combinato disposto dei due assunti che, secondo l’Assemblea europea, ormai l’innovazione e la competitività del comparto agricolo dell’Ue possono essere garantite soprattutto da pratiche e produzioni biologiche.

Infine, nella risoluzione si riconosce che “l’ ‘utilizzo sostenibile’ dei pesticidi non può essere realizzato senza tenere conto dell’esposizione umana a combinazioni di sostanze attive e coformulanti, nonché dei loro possibili effetti cumulativi, aggregati e sinergici sulla salute umana” (Considerando Q): è l’ “effetto cocktail” tra sostanze presenti in uno stesso alimento o bevanda, tanto noto nella sua esistenza quanto ignoto nei suoi effetti sugli organismi viventi di turno.

Fatte queste premesse, il Parlamento europeo si dichiara, tra l’altro, “preoccupato per via dell’incoerenza dei piani d’azione nazionali per quanto riguarda la fissazione di obiettivi quantitativi, traguardi, misure e tempi per le varie aree d’intervento, il che rende impossibile valutare i progressi compiuti;” (n. 7) […] “riconosce l’importanza dei piani d’azione nazionali e della difesa integrata nel ridurre in modo significativo l’uso di pesticidi al fine di evitare la perdita irreversibile di biodiversità, favorendo al contempo, ogniqualvolta possibile, misure agroecologiche e l’agricoltura biologica.” (n. 24)

Una volta tanto, anche il Parlamento italiano è riuscito a prendere una significativa posizione ufficiale sul punto. Sempre a febbraio scorso, infatti, la Camera nazionale votava, a larghissima maggioranza, una mozione che prevede limitazioni all’utilizzo in agricoltura della chimica di sintesi, maggiori controlli, la valorizzazione dell’agricoltura biologica, l’introduzione delle distanze di sicurezza dalle abitazioni, dalle zone frequentate dalla popolazione e dalle coltivazioni biologiche per evitare la contaminazione da pesticidi.

Questo, in sommaria sintesi, il quadro normativo di riferimento, unionale e nazionale, in questa materia. Sono questi i principi ispiratori e le regole cogenti che dovrebbe applicare il nuovo Piano d’azione nazionale (Pan), quello che, ai sensi della direttiva 128/2009, dovrebbe concretamente perseguire “l’utilizzo sostenibile dei pesticidi tenendo conto del principio di precauzione”; piano ripetutamente evocato e invocato dalla risoluzione del Parlamento europeo.

Quello la cui bozza, proprio in questi giorni, è (o, forse meglio, dovrebbe essere) sottoposta alla consultazione popolare. Nel prossimo, imminente post, proveremo a capire se e in che misura il nuovo Pan italiano adempia le sue finalità istituzionali.

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