L’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università, una quota inferiore alla media dei Paesi Ocse (5%) e uno dei livelli più bassi di spesa. Il dato arriva dal rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico “Education at a Glance 2019“. Lo studio mette in guardia anche rispetto alla duplice sfida che attende la scuola italiana nei prossimi dieci anni: oltre un milione di studenti in meno e circa metà degli attuali docenti che andranno in pensione. Infatti l’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni (59%) ed ha la quota più bassa di insegnanti di età tra i 25 e i 34 anni nei Paesi dell’Ocse. Il 68% degli insegnanti ha dichiarato inoltre che migliorare i salari dei docenti dovrebbe essere una priorità. Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, ha chiesto al nuovo governo di colmare “l’ingiusto divario” con le altre categorie di lavoratori del pubblico impiego.

La spesa
La spesa dell’Italia in istruzione è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università, più rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di studenti, che è diminuito dell’8% nelle istituzioni dell’istruzione terziaria e dell’1% nelle istituzioni dall’istruzione primaria fino all’istruzione post-secondaria non terziaria. La quota del finanziamento privato nell’istruzione terziaria è lievemente superiore in Italia (36%) rispetto alla media dei Paesi dell’Ocse (32%). Tra le fonti pubbliche, le amministrazioni regionali e locali contribuiscono a una piccola quota del finanziamento dell’istruzione non terziaria (5% dall’amministrazione regionale e 8% dalle amministrazioni locali). Le amministrazioni regionali contribuiscano al 18% del finanziamento pubblico per l’istruzione terziaria.

I giovani
Tutti i giovani di età compresa tra i 6 e i 14 anni – l’età che copre la scuola dell’obbligo nella maggior parte dei Paesi dell’Ocse – sono scolarizzati in Italia. La piena scolarizzazione inizia prima in Italia, all’età di 3 anni, con un tasso di scolarizzazione del 94%, rispetto all’87% della media Ocse. Allo stesso tempo però, l’Italia registra la terza quota più elevata di giovani che non lavora, non studia e non frequenta un corso di formazione (neet) tra i Paesi dell’Ocse: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è neet, rispetto alla media del 14%. L’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni.

“Fino a quando la politica continuerà a essere miope e a considerare le voci di bilancio riguardanti l’istruzione come una spesa invece che come un investimento, al nostro Paese mancheranno basi solide su cui costruire il futuro”, commenta Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, evidenziando una retrocessione dell’Italia in termini di risorse stanziate per scuola e università. Per quanto riguarda l’invecchiamento del corpo docente, “la Gilda propone di impiegare in attività di tutoraggio dei colleghi più giovani gli insegnanti ai quali mancano cinque anni per andare in pensione. Si tratta di un’operazione che non comporterebbe alcun onere aggiuntivo per lo Stato. Inoltre, si potrebbe concedere la possibilità di cumulare metà pensione e part time a tutti i docenti che si trovano nell’arco dei cinque anni dal raggiungimento del requisito pensionistico”. “Questa soluzione, già adottata in altri Paesi europei, – prosegue Di Meglio – consentirebbe di liberare rapidamente cattedre a tempo parziale, agevolando l’ingresso di docenti giovani”.

Articolo Precedente

Governo, prima mossa più posti negli asili nido e rette azzerate per le famiglie con redditi bassi. Oggi solo 1 bimbo su 10 riesce a entrare

next
Articolo Successivo

Anno scolastico al via, oltre 120mila cattedre scoperte. I sindacati: “Carenze di graduatorie e di candidati”

next