La buona notizia è che abbiamo di nuovo il ministero per le Pari opportunità. L’ultima volta è stato con Josefa Idem, nel 2013. Poi il niente. Che il nuovo governo giallorosso abbia dunque sentito la necessità di ripristinarlo è sicuramente un segno che va colto favorevolmente, con tutti i distinguo del caso. Lascia infatti perplessi che questo ministero sia accorpato a quello della Famiglia e, personalmente, che sia stato affidato a una cattolica renziana.

Nella cultura politica italiana, a voler ripercorrerne la storia più recente, questi due ministeri sono il frutto di visioni politiche contrapposte. Se vogliamo tirar fuori le “vecchie” categorie, possiamo dire che il ministero per le Pari opportunità è di sinistra, mentre quello per la Famiglia è di destra. Poi, ok, viviamo nel paese in cui viviamo. Anche Mara Carfagna ha ricoperto questo ruolo – pochi anni prima si era distinta per frasi non gentilissime sulle coppie omosessuali – e quando il Pd ha deciso di occuparsi di pari opportunità, con o senza ministero, non ha prodotto molto più di leggi che mantengono discriminazioni tra “normalità” eterosessuale ed “eccezione” Lgbt+.

Eppure il profilo della nuova ministra Elena Bonetti ha destato molte speranze proprio nel mondo arcobaleno. Ha firmato, nel 2014, la Carta del Coraggio, un appello per chiedere all’Agesci una “maggiore apertura riguardo a temi quali omosessualità, divorzio, convivenza”, affinché non si considerassero “invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo”. Durante l’iter per la legge delle unioni civili, poi approvata nel 2016, ha votato a favore. Un suo recente tweet, ancora, ha suscitato un grande interesse per la presenza della parola “famiglie”, al plurale. Segno, secondo molti e molte, che l’aria è cambiata nell’esecutivo.

A sostegno di questa tesi, il digrignar di denti dei maggiori quotidiani sovranisti o vicini alla Lega, che già paventano invasioni di alieni “gender”, cambi di sesso forzati e quotidiani (chiunque sa quanto è facile mettersi e togliersi le protesi al seno), droga libera e molto altro ancora. Anche il senatore Simone Pillon ha avuto da ridire. La prova provata, insomma, che il vento dell’arcobaleno soffia su Palazzo Chigi. Di certo Bonetti non è Lorenzo Fontana, il suo predecessore proprio alla Famiglia. Cosa che dovrebbe essere vista come abbastanza ovvia, visto che (almeno sulla carta) Pd e Lega dovrebbero essere molto distanti riguardo la percezione della questione Lgbt+.

Personalmente, credo che il non essere un’altra persona (per quanto politicamente deprecabile) non sia un argomento sufficiente per cantar vittoria. Così come penso che quella “carta del coraggio” e l’ok alle unioni civili non rappresentino molto di più – almeno allo stato attuale delle cose – di un generico buonsenso dentro il perimetro di specifiche direttive di partito: dovremmo ricordare, infatti, che la legge sulle unioni civili è stata voluta e costruita proprio per infastidire quanto meno possibile il mondo cattolico.

Era abbastanza inevitabile, insomma, che i cattolici la votassero. E infatti così è stato: la chiesa non ha eretto il solito muro di fuoco e molti politici di area confessionale hanno approvato il provvedimento, tra cui lo stesso Pierferdinando Casini, nemico giurato dei DiCo: altra legge di stampo cattolico che, in confronto, era poco più di una barzelletta che non faceva ridere nessuno. Insomma, se politici tradizionalmente conservatori hanno ritenuto accettabile quella legge, perché i rappresentanti del centrosinistra (e ugualmente conservatori) avrebbero dovuto remare contro?

Secondo, poi: ok, abbiamo tutti e tutte bisogno di sognare a occhi aperti dopo l’incubo gialloverde. Comprensibile. Ma affidarsi ad un tweet che usa “famiglie” al plurale per scorgervi profetiche – per non dire epiche – battaglie per i diritti civili è, a voler essere gentili, un atto di imperdonabile ingenuità. Pure al congresso di Verona si usò la stessa parola, al plurale, ma sembrava di stare in una puntata de Il racconto dell’ancella. Insomma, mi sembra davvero poco per rinverdire speranze.

Poi, va da sé, ogni persona va valutata per il suo operato e c’è sempre l’auspicio di essere smentiti. Dubito, tuttavia – come ho scritto altrove – che due partiti che non hanno un’adeguata cultura politica della diversità abbiano le carte in regola per fare leggi serie e rispettose a vantaggio delle persone Lgbt+. Poi, ribadisco, va benissimo se sarò stupito favorevolmente. Al momento, però, non vedo i presupposti e non voglio nutrire speranze.

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