Jair Bolsonaro lancia il suo messaggio ai Paesi del G7 di Biarritz, in Francia, dove il presidente francese, Emmanuel Macron, e gli altri capi di Stato e di governo hanno intenzione di affrontare il tema degli incendi in Amazzonia e delle politiche messe in campo dal capo di Stato brasiliano. In un discorso a reti unificate, il leader di estrema destra ha detto che i roghi nel polmone verde del mondo “non sono al di sopra della media degli ultimi 15 anni” e, comunque, non possono servire come “pretesto per imporre sanzioni internazionali” contro Brasilia.

“La foresta dell’Amazzonia è una parte essenziale della nostra storia, del nostro territorio e di ciò che ci fa sentire brasiliani – ha detto – La protezione della foresta è un nostro dovere, ne siamo coscienti e stiamo agendo per combattere la deforestazione illegale, e qualsiasi altra attività criminale che metta a rischio la nostra Amazzonia”.

Una tranquillità che, però, non combacia con la decisione di autorizzare l’uso delle forze armate per combattere le fiamme che stanno divampando nella foresta, primo vero intervento presidenziale dall’inizio dell’emergenza, con il numero dei roghi che, dal gennaio, è salito fino a 72mila, con un incremento dell’84% rispetto all’anno precedente. “Siamo un governo di tolleranza zero con la criminalità, e nell’area ambientale non sarà differente”, ha assicurato Bolsonaro prima di ammettere che “non siamo soddisfatti di quello che sta succedendo”.

Nonostante ciò, ha voluto invitare i leader mondiali, in special modo Macron che per primo e con più forza si è sbilanciato per una rapida discussione del tema al G7, ad “affrontare la questione con serenità”, nonostante venerdì abbia accusato il presidente francese di avere una “mentalità colonialista”: “Diffondere dati e messaggi senza fondamento, dentro e fuori dal Brasile, non aiuta a risolvere il problema – ha continuato – e serve solo come strumento politico di disinformazione“. In conclusione del suo intervento, Bolsonaro ha detto che “gli incendi forestali esistono in tutto il mondo e questo non può servire come pretesto per possibili sanzioni internazionali”, perché “il Brasile continuerà ad essere, come è stato finora, un paese amico di tutti e responsabile nella protezione della sua foresta amazzonica”.

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha però dichiarato che l’Unione europea sostiene l’accordo con il Mercosur, ma “una ratifica armoniosa è difficile da immaginare fino a quando il governo brasiliano permetterà la distruzione dei polmoni verdi della terra”.

Macron, prima dell’incontro con gli altri sei capi di Stato e di governo del G7, ha lanciato il suo appello per la “mobilitazione di tutte le potenze”: “Dobbiamo rispondere alla chiamata della foresta, dell’Amazzonia, il nostro bene comune, e quindi agiremo”, ha detto in un discorso alla Nazione.

Anche la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, ribadisce l’importanza di avere risposte dal vertice dei sette grandi del mondo: l’obiettivo, dice, deve essere quello di “mandare un chiaro appello per fare tutto quello deve essere fatto affinché la foresta pluviale smetta di bruciare”, ha detto in un video pubblicato prima della partenza per Biarritz. Il tema della protezione dell’ambiente e il cambiamento climatico avranno un ruolo importante al vertice, ha poi sottolineato. Il presidente francese Emmanuel Macron, continua, ha ragione a dire che “la nostra casa brucia” perché su questo non si può tacere.

A tendere la mano al presidente brasiliano è il suo omologo e alleato americano, Donald Trump, che ha offerto il supporto di Washington per risolvere il problema: “Ho appena parlato con il presidente Jair Bolsonaro – ha scritto su Twitter – Le nostre prospettive commerciali sono entusiasmanti e il nostro legame è forte, forse più di sempre. Gli ho detto che se gli Usa possono aiutare il Brasile con gli incendi in Amazzonia, siamo pronti ad assisterli”.

Ma nel Paese continuano le paneladas, le proteste accompagnate dal suono di colpi su delle pentole, contro il discorso del presidente, soprattutto a San Paolo, Rio de Janeiro e altre città brasiliane. Sull’Avenida Paulista, arteria principale del centro di San Paolo e storica area delle contestazioni di piazza, decine di migliaia di manifestanti hanno bloccato il traffico, prima di sfilare verso la sede dell’agenzia di protezione ambientale Ibama. A Rio, invece, i manifestanti hanno attraversato il centro della città da Cinelandia alla sede della Banca di sviluppo (Bndes), bloccando il traffico in varie strade e ripetendo slogan contro Bolsonaro e il suo ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, il cui impeachment è stato chiesto al Supremo Tribunale Federale (Stf) dal partito Rete di Sostenibilità. La leader della formazione politica, Marina Silva, è stata ministra dell’Ambiente del governo di Luiz Inacio Lula da Silva e si è allontanata dal gabinetto proprio perché insoddisfatta della politica di protezione della foresta amazzonica.

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