C’è il produttore di pentole in alluminio, ex fan di Renzi (“il suo è il governo che ha fatto di più per le imprese”), rimasto folgorato sulla strada del sovranismo. L’erede della dinastia degli elettrodomestici Zanussi-Zoppas che oggi si occupa di imbottigliamento di acque minerali pagando quelle che Luigi Di Maio ha definito “concessioni vergognose”, da rivedere al rialzo. Poi il piddino rinnegato che guida una cooperativa di viticoltori presieduta dall’ex ministro prodiano Paolo De Castro. Più scontati l’imprenditore delle scarpe made in Italy fiducioso nella revoca delle sanzioni alla Russia, grande mercato di esportazione, e il commendatore romagnolo che utilizza il prestigioso marchio di famiglia per accessori e residence di lusso. È l’armata degli imprenditori che si sono più o meno apertamente schierati con Matteo Salvini dopo l’apertura della crisi di governo. E dai quali potrebbe essere arrivata anche una spinta decisiva: a Ferragosto il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti ha spiegato a Repubblica che il leader si è risolto a quella mossa dopo aver consultato i ministri, i capigruppo e “una ventina di imprenditori e figure di spicco dell’economia“, il cui responso “è stato lo stesso: al voto“.

Il “re delle pentole” che ha firmato un libro con Richetti – Il 13 agosto, parlando al Senato subito prima del no alla sua proposta di votare già il 14 agosto la mozione di sfiducia al premier Conte, il leader leghista ha snocciolato un elenco di leader di confederazioni industriali che si erano espressi per il ritorno alle urne il prima possibile. Da Marco Bonometti, numero di Confindustria Lombardia, a Maurizio Casasco, presidente Confapi, passando per Paolo Agnelli che ha fondato e guida Confimi Industria, confederazione che dichiara “circa 40mila imprese per 495mila dipendenti con un fatturato aggregato di quasi 80 miliardi di euro”. Ma il bergamasco Agnelli, erede della Alluminio Agnelli fondata oltre un secolo fa dal nonno Baldassarre, non ha solo auspicato che si vada a elezioni subito. “Le soluzioni del “vorrei ma non posso” tengono l’industria italiana impantanata nella volontà e nelle paure della finanza targata Bruxelles“, si è affrettato a dichiarare l’industriale che produce pentole professionali utilizzate anche nei più famosi show di cucina, da Masterchef ai programmi di Benedetta Parodi. “Abbiamo bisogno che ci liberino dalle catene” e che “sia un governo veramente rappresentativo a preparare la prossima manovra“. L’auspicio, insomma, è vedere a Palazzo Chigi chi dei vincoli Ue promette di “fregarsene“. Come il Capitano, artefice peraltro di quella quota 100 che “aspettavamo da tempo”.

Paolo Agnelli tra Matteo Richetti e Carlo Calenda, dicembre 2017

La corrispondenza di amorosi sensi è iniziata il 15 ottobre 2018, quando Salvini ha saltato un vertice di governo per partecipare all’assemblea di Confimi a Monza dichiarandosi contro “i monopoli della rappresentatività” (leggi Confindustria) e promettendo di “ragionare per creare il Ministero delle piccole e medie industrie“, chiodo fisso di Agnelli. Tanto è bastato per convincere il “re delle pentole”, che pure nel 2017 aveva simpatie politiche diverse. “Il mondo delle imprese deve ringraziare l’operato del governo Renzi”, giurava nel dicembre di quell’anno presentando il libro sulle pmi Piccole per modo di dire firmato a quattro mani con il deputato dem Matteo Richetti. “È quello che ha fatto di più per le imprese: dall’abolizione dell’articolo 18 al taglio dell’Irap“. Di Renzi gli piaceva pure la riforma costituzionale bocciata al referendum, oltre alla posizione favorevole alle grandi infrastrutture. “Troppa democrazia ci sta mandando alla paralisi”, commentava dopo gli scontri tra No Tap e forze dell’ordine. “Quello che vediamo contro il Tap è un ambientalismo malsano che già in passato ha causato diverse chiusure aziendali”.

Zoppas e lo scontro con Di Maio sulle concessioni – Più cauto il numero uno di Confindustria Veneto Matteo Zoppas: a caldo ha dichiarato che nel governo “una rottura ci voleva” e “Salvini si è preso questa responsabilità“, poi al Corriere del Veneto ha precisato che “la decisione del vicepremier Salvini è una sua responsabilità politica di cui prendiamo atto in modo asettico“. Certo è che per Zoppas la politica deve mettere al primo posto le grandi infrastrutture – dalla Tav alla Pedemontana Veneta, di cui è grande fan – e non “irrigidire le regole” sul lavoro, come con il decreto Dignità definito “cappio al collo per gli imprenditori”. E i rapporti con l’altra metà del governo gialloverde si erano definitivamente guastati lo scorso autunno quando Luigi Di Maio, di fronte alle critiche del 45enne bocconiano figlio di Gianfranco Zoppas e Antonia Zanussi, ha ribattuto che: “Vero, io sono inesperto e devo imparare. Però è bello fare il presidente di Confindustria locale, l’imprenditore, gestendo l’acqua minerale con concessioni irrisorie, con prezzi stracciati, con concessioni vergognose a cui metteremo mano con la manovra di fine anno”. Perché, dopo la vendita negli anni Ottanta dell’impero degli elettrodomestici alla svedese Electrolux, oggi il business di famiglia è l’Acqua minerale San Benedetto, guidata dallo zio Enrico Zoppas. Oltre 700 milioni di fatturato contro canoni annui che stando a un Rapporto del ministero dell’Economia superano di poco i 3 milioni di euro.

Gli imprenditori del lusso e la “sorpresa” Maci, re del vino pugliese – Allo stesso modo non stupisce che con il leader del Carroccio si siano schierati Gimmi Baldinini dell’omonima azienda produttrice di scarpe di lusso – per lui la priorità è lo stop alle sanzioni economiche contro la Russia -, il presidente degli imprenditori ippici Enrico Tuci a cui il leghista aveva promesso interventi contro la crisi del settore e Tonino Lamborghini, che ha messo a frutto il nome del padre Ferruccio creando un marchio per accessori e residenze di superlusso dalla Cina a Dubai. “In passato ho votato per Berlusconi e Renzi“, ha raccontato al Corriere, “la mia famiglia oggi punta su Salvini”. Meno scontato l’endorsement di Angelo Maci, enologo e patron di Due Palme, storica cooperativa vinicola da 1.200 soci basata a Cellino San Marco (en passant il paese di Albano Carrisi, grande fan del Capitano). A fine 2014, accogliendo l’allora vicesegretario dem Lorenzo Guerini in tour nelle “eccellenze” del sud, diceva di avere “molta fiducia nell’operato del premier Matteo Renzi“. Nel comitato di benvenuto c’erano anche Teresa Bellanova e da Paolo De Castro, all’epoca vicepresidente della commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Ue, che di Due Palme sarebbe poi diventato presidente onorario. Poi la delusione per l’operatore del governatore Michele Emiliano e la svolta ufficializzata in un’intervista elegiaca ad Affaritaliani: “Mi riconosco in Salvini e in tutto quello che sta facendo. Ha fatto bene sulla sicurezza e adesso se sarà messo nelle condizioni di agire farà altrettanto bene sul tema del lavoro e del fisco”. Sui social sono partiti gli incitamenti al boicottaggio delle bottiglie con la doppia palma. Immediata la difesa dei coordinatori locali della Lega: “Clima da caccia alle streghe, se se uno esprime vicinanza al pensiero di Salvini diventa il protagonista di un attentato di lesa maestà”.

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