Nuovi fondi a disposizione e un primo bilancio in chiaroscuro. Se infatti il Ministero dello Sviluppo Economico ha ufficializzato lo sblocco dei 40 milioni di euro residui sul totale di 60 milioni destinati all’operazione Ecobonus come prevista dalla Legge di bilancio 2019, la fotografia di come e dove gli italiani abbiano potuto finora usufruire di questa agevolazione lascia qualche zona d’ombra.

Come noto, prevede per chi ha acquistato dal primo marzo una vettura a ridotto impatto ambientale da prezzo massimo di 61.000 euro iva compresa, due fasce di incentivi. L’Ecobonus fino a 6.000 euro per chi acquista una nuova auto con emissioni di CO2 da 0 a 20 g/km e rottama un veicolo omologato alle classi Euro 1, 2, 3 e 4. Un secondo scaglione di agevolazione è previsto per chi acquista una vettura con emissioni da 21 a 70 g/km e rottama un veicolo da Euro 1, 2, 3 a Euro 4.

Ma a quattro mesi dal varo, il punto è ora capire il reale impatto delle misure Bonus e Malus sul mercato reale, cioè incrociando la disposizione governativa con la reale disponibilità di vetture sul mercato che ne possano beneficiare (o esserne penalizzate), e l’eventuale gradimento (o il contrario in caso di Malus) che di conseguenza possono aver raccolto.

Il Centro Studi e Statistiche UNRAE, l’associazione che riunisce le case automobilistiche in Italia, ci fornisce a riguardo dati piuttosto interessanti.

In giugno, per quanto riguarda il cosiddetto Malus, ovvero la penale da pagare in caso di sforamento del tetto di 160 g/km di CO2, la situazione vendite è la seguente: +120,1% per le vetture da 161 a 175 g/km, +15,2% per quelle da 176 a 200 g/km, +85,7% per quelle da 201 a 250 g/km, mentre calano del 3,3% quelle oltre i 250 g/km. Considerando invece il periodo marzo-giugno, si registrano i seguenti dati: +120,7% per quella da 161 a 175 g/km, +11,8% da 176 a 200 g/km, +87,4% da 201 a 250 g/km, per concludere con un +4,7% per la fascia oltre i 250 g/km. Tirando le somme, si può dire che il provvedimento non abbia sortito l’effetto potenzialmente previsto, ovvero quello di scoraggiare l’acquisto di mezzi più inquinanti. Anche se fa guadagnare soldi allo Stato.

Per quanto riguarda il Bonus, invece, in giugno hanno segnato un incremento del 205,9% le immatricolazioni di auto fino a 20 g/km di CO2, sostenute dal provvedimento ma già in crescita lo scorso anno, mentre risultano in flessione le vetture da 21 a 70 g/km di CO2 (-46,1%), seppur anch’esse incentivate. Considerando l’inter periodo marzo-giugno, gli effetti sulle vendite di vetture indicano un incremento del 139,1% della fascia fino a 20 g/km di CO2 e +14,5% da 21 a 70 g/km.

In sostanza, è stato raggiunto un obiettivo senza avere la possibilità di mancare il secondo, anche se non di molto. Ragionare infatti di veicoli con emissioni fino a 20 g/km di CO2 significa, nel mondo reale, prendere in considerazione esclusivamente vetture elettriche, che hanno certamente beneficiato della misura, ma non avevano ancora il potenziale infrastrutturale per proporsi come alternativa completa a quelle con combustibili tradizionali. Numeri alla mano, le vetture elettriche crescono di circa il 225% a giugno, +120,2% nelle vendite tra gennaio e giugno, ma restano relegate ad una quota di mercato pari allo 0,5%. Un’inezia, rispetto ai volumi complessivi.

Ci si avvicina veramente al bersaglio grosso grosso con le vetture con emissioni comprese tra 21 a 70 g/km di CO2, che salgono del +14,5% nel semestre ma addirittura scendono del 46,1% nelle vendite in giugno. Il motivo? Si tratta di vetture tipicamente ibride plug-in, ovvero equipaggiate con una batteria maggiorata rispetto a quelle con doppia motorizzazione più tradizionale, una dotazione che permette di percorrere anche distanze di alcune decine di chilometri in modalità totalmente elettrica, ma che oggettivamente non è affatto comune nei listini delle case automobilistiche.

Per capire di quanto poco si sia mancato il bersaglio (ovvero il cuore del mercato) basta invece prendere ad esempio l’incremento di vendite che caratterizza le vetture ibride “semplici”, ovvero quelle che per poco non rientrano nel limite di 70 g/km di CO2 e segnano comunque un +18,3% in giugno e +30,2% nel semestre, rispettivamente al 5,5% e al 5,3% di quota sul totale. La distanza tra le ibride plug-in, incentivate, e quelle più moderne ma sprovviste di batterie supplementari si misura in alcuni casi in appena 10 g/km di CO2. Cioè quanto mancava per fare centro.

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