Questo post è una risposta alla lettera della libraia Michela Sfondrini

Cara Michela,

lasciamo perdere le considerazioni generali sull’importanza della lettura, il tempo medio, i libri compagni di viaggio. Stiamo parlando di una proposta di legge e di una campagna di lobbying che hanno un obiettivo (tutelare i piccoli librai) attraverso uno strumento (la riduzione degli sconti possibili). Quindi il dibattito deve stare su due punti: la richiesta è legittima? Lo strumento è efficace?

La richiesta – Mi spiace dirlo per lei e i suoi colleghi, ma purtroppo voi non sarete mai competitivi con quello che Amazon può offrire in termini di scelta e ampiezza dei suggerimenti. Su Amazon c’è tutto, anche libri che nessuna libreria – specie se piccola – può permettersi di tenere sugli scaffali. E, soprattutto per un certo tipo di saggistica, la “competenza” degli algoritmi di Amazon batte qualunque libraio. Voi avete un unico vantaggio: la diffusione capillare sul territorio (ammesso che ci sia ancora, cosa di cui non sono certissimo). Ed è quello l’unico bene pubblico che la politica dovrebbe tutelare, non la sopravvivenza delle piccole librerie in quanto tali. Hanno una funzione se hanno una ricaduta positiva sul territorio, altrimenti da un punto di vista sociale non si vede perché un lettore che compra un libro su Kindle debba essere trattato peggio di uno che ha comprato (e letto) lo stesso volume nella sua libreria. Ma se questo è l’obiettivo, allora il prezzo c’entra ben poco.

Per tutelare la “funzione sociale” delle librerie vanno eventualmente sussidiate le iniziative con ricadute sulla comunità, non garantiti i sia pur esigui margini di profitto all’editore. Faccio un esempio: se una libreria in Puglia o Calabria invita un autore basato a Bologna a presentare il suo nuovo libro ma non ha le risorse per coprire le spese di trasferta, per l’autore l’operazione diventa in perdita sia per il tempo che per l’impatto economico. Se però la libreria avesse i fondi (pubblici) per coprire le spese, allora forse l’autore bolognese può anche andare in Calabria: lui venderà qualche copia, la libreria attirerà un po’ di pubblico e quindi di potenziali clienti, tutti contenti con una spesa minima e con un beneficio per tutti.

Il tema è la bibliodiversità? Allora sono esperimenti come Più Libri Più Liberi, la fiera annuale a Roma della piccola e media editoria, da incoraggiare. Aggregazioni di idee non mainstream.

Lo strumento – Serve a qualcosa limitare gli sconti sul prezzo di copertina? Un protagonista del settore mi spiega che quando i supermercati vendevano best seller con ribassi del 40-50 per cento, alcuni librai furbetti compravano i volumi a prezzo ridotto e per restituirli come rese invendute a distributori ed editori, al posto delle copie che in realtà avevano venduto a prezzo quasi pieno. Forse mettere un po’ d’ordine era necessario, forse, anche se le vendite nei supermercati sono crollate senza che a questo corrispondesse alcun boom per le librerie. Di sicuro non si è fermata la contrazione del mercato.

I librai come lei sostengono ora due tesi opposte e incompatibili: che la gente non deve comprare i libri in base al prezzo ma che il prezzo fa la differenza. Come ha ricordato sul Messaggero Annamaria Malato dell’editore Salerno, ridurre gli sconti massimi dal 15 al 5 per cento equivale a togliere dalle tasche degli italiani 100 milioni di euro all’anno, nell’ipotesi di vendere lo stesso numero di volumi. I lettori di libri non danno peso a qualche euro in più, sarà la risposta di voi librai. Ma è assai improbabile che la domanda sia completamente rigida: se sale il prezzo, le vendite almeno un po’ scenderanno. E se invece non scendesse, allora sarebbe la conferma che è sbagliata la premessa della campagna dei librai: i lettori forti non scelgono Amazon o i supermercati perché attirati dal prezzo più basso, ma semplicemente perché la piccola libreria non offre loro alcun servizio rilevante.

Le alternative – Ci sono altre battaglie che avrebbero un impatto molto più strutturale nel settore. E’ chiaro che c’è una distorsione se alcuni editori controllano anche la distribuzione, è un problema di Antitrust che andrebbe affrontato, soprattutto se uno di questi editori – Mondadori – è diventato ormai un po’ come la Juventus in Serie A, stacca di troppo gli altri. Quando ai tempi della fusione Mondadori-Rizzoli Giuseppe Laterza provò ad affrontare la questione su questo piano non trovò molti alleati.

Invece di proteggere, poi, si potrebbe provare, per una volta, a liberalizzare: ha senso oggi avere due mercati separati tra edicole e librerie, per dividersi un mondo sempre più piccolo come quello dell’editoria cartacea? Difficile immaginare un futuro in cui c’è spazio sia per le edicole, anch’esse in condizioni drammatiche, e per le piccole librerie, o per le cartolerie ecc.

E non dovrebbero essere le librerie a cercare un modo di cavalcare e guidare la rivoluzione digitale invece che cercare, senza grandi risultati, di opporsi? Voi piccoli librai avete tutto il diritto di fare lobbying e reclamare un po’ di protezione. Io continuerò a rivendicare anche il diritto di criticare chi pensa che per proteggere interessi particolari debbano per forza essere penalizzati quelli generali.

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