Quando il fascismo cadde, il 25 luglio del 1943, la famiglia Cervi preparò quintali di pastasciutta da portare ai contadini delle campagne di Reggio Emilia per festeggiare. Una tradizione che è continuata negli anni e si è diffusa su tutto il territorio emiliano e non solo. Anche a Mirandola, in provincia di Modena, il 25 luglio prossimo ci sarà la “pastasciutta antifascista“. Ma il Comune, da poco a guida leghista dopo 74 anni di amministrazione di sinistra, ha revocato il patrocinio all’iniziativa: secondo la giunta, infatti, il termine “antifascista” è divisivo.

La denuncia arriva dall’Anpi, che organizza l’evento: il sindaco Alberto Greco e l’assessore Giuseppe Forte “ci dicono che è proprio l’’anti‘ che non può essere accettato. Al limite poteva essere chiamata ‘pastasciutta partigiana’, o pastasciutta e basta”. La festa si farà lo stesso, anche senza patrocinio: “Premettendo che tutte le sensibilità hanno ragione d’esistere e devono essere altrettanto rispettate – scrive l’Anpi in un comunicato – a questo punto sorge spontanea la riflessione su quale sia la divisione che andrebbe a creare, nel senso che l’antifascismo è storicamente il collante ideologico che ha unito tutte le diverse forze che si opposero al nazifascismo durante i venti mesi di lotta di Liberazione prima e nella fase costituente poi. Per arrivare, infine, alla Costituzione democratica (e antifascista) sulla quale il Sindaco dovrebbe (qui il condizionale è d’obbligo) aver prestato il giuramento”.

“Riteniamo doveroso – conclude l’associazione partigiani – prendere le distanze da questa Amministrazione che non riconosce nella scelta di chi si ribellò al nazifascismo le fondamenta della nostra Costituzione, equiparando tutti i caduti di quella che fu anche una guerra civile, come se chi deportava e chi è stato deportato potessero essere posti sullo stesso piano semplicisticamente e qualunquisticamente per il fatto di essere comunque morti”.

La tradizione della pastasciutta antifascista è ripresa da circa vent’anni su impulso dell’Istituto Cervi, sorto in quella che era la casa colonica dove visse la famiglia Cervi, nelle campagne reggiane tra Campegine e Gattatico. Ogni anno in questo luogo simbolico si festeggia la caduta del fascismo, come accadde nel 1943 quando ci fu, come disse Alcide Cervi, “il più bel funerale del fascismo”. Il padre dei sette fratelli Cervi ricordava così la giornata: “Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi che saltavano e baciavano le putele, e dicevo: beati loro sono giovani e vivranno in democrazia, vedranno lo Stato del Popolo”. I figli, invece, non hanno vissuto la democrazia: sono stati fucilati dai nazifascisti il 28 dicembre dello stesso anno per aver partecipato alla Resistenza. Dalla loro storia nasce l’organizzazione della pastasciutta antifascista, che ogni anno si celebra in più di cento luoghi in tutta Italia.

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