di Trasparenza e merito. L’Università che vogliamo *

Signor Presidente della Repubblica,
Signor Presidente del Consiglio,
Signor Ministro del Miur,

Le continue e costanti notizie della rete di scandali legati alla irregolarità dei concorsi universitari pongono una riflessione che è ad un tempo profonda e di sistema.

Non ci troviamo, purtroppo, di fronte a fatti episodici, quanto piuttosto davanti a un malcostume diffuso, un sistema clientelare, una rete di comportamenti illeciti estesa a molti atenei, che richiede una presa di coscienza collettiva e un intervento riformatore radicale.

Un sistema di reclutamento dei docenti fondato su trasparenza e merito non è solo una scelta etica doverosa, ma prima di tutto un dovere civico che deve impegnare l’intera collettività. Occorre assicurare all’istruzione, formazione e ricerca i più alti standard qualitativi e non livellarle verso il basso attraverso sistemi di reclutamento fondato sullo scambio di favori, dove ogni concorso pubblico appare già scritto e predeterminato nel suo esito. In una parola: una farsa.

Ma non è solo una questione etica e una scelta civica. Una istituzione fondamentale quale quella universitaria non può pensare di perpetrare le sue opache regole di gestione in modo da garantire continuità a un potere sottratto a qualsivoglia controllo o verifica di legalità.

La gravità dei fatti denunciati e al vaglio della magistratura nell’inchiesta “Università bandita” partita dall’Università di Catania per estendersi in altri atenei come Firenze, Roma, Chieti, Bologna, Messina e tante altri, pone il problema di una vera e propria emergenza istituzionale, che mina alle sue fondamenta principi costituzionalmente riconosciuti, come il diritto al lavoro e alla giustizia. E come tale la questione va affrontata e, con urgenza, risolta. Ne va della dignità e dell’immagine del Paese, ma soprattutto è in gioco il futuro dei giovani e lo sviluppo culturale ed economico della intera nazione.

Il prezzo che il Paese è costretto a pagare è diventato insostenibile. Il danno non solo di immagine ma anche economico alla comunità è evidente, non solo all’istruzione ma anche alla salute, quando si parla di concorsi dell’area medica. In questi anni, in parte, la magistratura si è attivata su singoli casi ed ha cercato di fare chiarezza, ma pressoché sempre l’Università si è opposta compatta a qualsiasi ingerenza non della politica ma della legge, scegliendo di non dare esecuzione alle statuizioni dei giudici e violando anche qui principi fondamentali dell’ordinamento dello Stato. Il mondo accademico, nella sua grande maggioranza, ha deciso di comportarsi come un fortino asserragliato.

Questa lettera è un appello per una università diversa, fatto nel nome della cultura, dell’istruzione, della legalità, ma è anche un ennesimo grido di denuncia rivolto alle Istituzioni dopo tutte le richieste di aiuto finora rimaste inascoltate.

Abbiamo fatto pubblicamente le nostre proposte: riduzione dell’autonomia alle università; abolizione dei concorsi locali e attivazione di commissioni nazionali sorteggiate; punteggi per titoli e pubblicazioni stabiliti a livello centrale dal Miur ed obbligo da parte delle commissioni di motivare i punteggi; penalizzazioni in percentuale sui fondi ordinari per gli atenei che si rendono colpevoli di non vigilare sulle irregolarità; sospensioni e multe pesanti per i commissari che si sono macchiati di irregolarità di reati.

La legge 240/2010, meglio conosciuta come “Legge Gelmini” ha dimostrato più in generale il suo fallimento, il sistema dell’abilitazione scientifica nazionale, così come quello delle procedure comparative, per come è applicato oggi, ha dimostrato tutta la sua inefficacia. Un Paese che fonda il suo futuro su una classe docente universitaria selezionata in questo modo da chi viola le leggi è un Paese che non ha futuro!

Per questi motivi oggi siamo qui, in qualità di rappresentanti non dell’Università che emerge dalle intercettazioni della magistratura, che appare profondamente malata, ma in rappresentanza di quella parte seria buona e onesta del corpo docente e ricercatore, che speriamo diventi presto maggioranza, la quale, al contrario, cerca non il riscatto personale ma la creazione di un sistema universitario che si fondi sui principi della legalità, della trasparenza e del merito.

È necessario uno scatto di orgoglio in nome dell’efficienza e del buon andamento imposto dall’art. 97 della nostra Costituzione, per ritornare a dare dignità all’altissimo ruolo istituzionale che il nostro ordinamento affida all’Università e alla sua classe docente.

Senza un vasto movimento di opinione, che coinvolga la parte sana del mondo accademico, i media, le alte cariche dello Stato, quella parte delle forze politiche che intende, non a parole ma con i fatti, rinnovare e riorganizzare l’università italiana, tutto ciò rimarrà come un grido nel deserto: in tal caso sarebbe l’ennesima occasione sprecata per il futuro dei nostri giovani.

* associazione non profit nata a Roma nel 2017 che vuole rappresentare un punto di riferimento per coloro che intendano contrapporsi ad episodi di irregolarità nei concorsi universitari, con particolare riferimento alle procedure di assunzione e di progressione di carriera del personale docente, in modo da evitare il loro isolamento.

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