Dopo l’inchiesta sul sistema di affidi illeciti di minori nella provincia di Reggio Emilia, i magistrati per i minorenni e il Forum delle Famiglie hanno diffuso due documenti in cui si schierano in difesa dei servizi e contro le strumentalizzazioni, chiedendo cautela agli stessi organi di informazione: “Non è giusto screditare i tantissimi operatori scrupolosi che agiscono con lealtà e trasparenza nei confronti dei propri utenti”, si legge nel testo firmato dall’Associazione Italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, sottolineando come “il sistema della giustizia minorile, improntato sui criteri di specializzazione e multidisciplinarietà, nel corso degli anni ha affinato gli strumenti di conoscenza delle persone e delle relazioni”. E, dicono, il sistema dell’affido va inserito in un apparato normativo “che deve essere rivisto ma che va comunque applicato in tutte le sue parti”. Una posizione a cui si associa quella del Forum Famiglie, ente che rappresenta 582 associazioni cattoliche in tutta Italia, tra cui la Comunità papa Giovanni XXIII e Azione cattolica, e che coinvolge quasi 5 milioni di famiglie: “Puntare ora il dito su uno degli attori coinvolti per cercare la falla del sistema non può portare a nessun risultato, se non quello di demotivare chiunque a mettersi a disposizione di un bambino la cui famiglia è in difficoltà”, è il pensiero espresso in una lettera rivolta ai direttori dei quotidiani. All’interno si ribadisce comunque la necessità di avere “pene esemplari“, ma si chiede anche che, “per colpa di poche persone, non si metta in dubbio una legge e un’esperienza che ha fatto del bene a tanti bambini e a tante famiglie”.

La preoccupazione espressa dai due attori è quella di riuscire a non buttare via quanto di buono fatto finora: “Bisogna riconoscere e apprezzare l’attività svolta dai servizi sociali, che ogni giorno svolgono un importante compito istituzionale di protezione e sostegno dell’infanzia e adolescenza e delle famiglie in difficoltà”, sostengono i magistrati. “Un impegno reso sempre più difficile dalla mancanza di personale e di risorse economiche, soprattutto in territori ad alto rischio di criminalità, dove la crisi della funzione genitoriale e della responsabilità adulta è sempre più marcata”. L’associazione ribadisce l’importanza di una sinergia costante tra i servizi pubblici territoriali e quelli sanitari per gli approfondimenti psicologici, uno dei punti più controversi dell’inchiesta di Reggio Emilia. E ricorda come l’istituto giuridico dell’affidamento si ispiri al principio di solidarietà verso le famiglie d’origine in difficoltà: “Anche la Corte Europea dei diritti dell’Uomo lo considera uno degli “strumenti necessari” per consentire il recupero delle relazioni familiari e il riconoscimento del diritto del minore a essere educato e crescere nella propria famiglia”.

Da parte loro, le associazioni delle famiglie non intendono nascondere le criticità, ma chiedono un dibattito sereno: “È il punto di partenza per riflettere sui limiti di una normativa che evidentemente non tutela fino in fondo i bambini. Ma allo stesso tempo è necessario riconoscere l’impegno di tante famiglie che generosamente e gratuitamente si mettono a disposizione, così come la serietà e il senso di responsabilità di professionisti e istituzioni che lavorano barcamenandosi nella mancanza di risorse”. Un sistema che in gran parte funziona, nonostante le fragilità di un apparato normativo che secondo il Forum andrebbe rivisto: “Ci sono molti progetti gestiti adeguatamente che hanno garantito a tanti bambini la serenità necessaria per crescere in modo sano e alle loro famiglie di riprendersi da difficoltà che nella solitudine non avrebbero superato. Rilanciare l’affido oggi è necessario, perché le famiglie non solo si autosostengono, ma si mettono anche a disposizione di quelle in difficoltà”.

Sulla vicenda degli affidi di minori in Val D’Enza era intervenuto anche l‘Ordine degli assistenti sociali, annunciando di volersi costituire parte civile: “Si sta criminalizzando una professione composta da 44mila iscritti che ogni giorno lavorano cercando di alleviare i disagi dei più deboli”, dicono dal Consiglio Nazionale. “Noi abbiamo cercato di spiegare come funzionano gli iter in situazioni così difficili, ma non ci nascondiamo: se i nostri iscritti coinvolti saranno giudicati colpevoli, per quanto ci riguarda smetteranno di essere tali. Non va di moda capire e interrogarsi, va di moda additare il nemico e sparare nel mucchio per fare sensazionalismo, ma noi non ci stiamo”, concludono gli operatori. E nel merito, citano il procuratore capo di Reggio Emilia, Marco Mescolini, che nel corso della conferenza stampa del 28 giugno scorso ha detto: “Sia chiaro che non facciamo generalizzazioni, perché chi fa l’assistente sociale ha diritto alla tutela dell’onorabilità del mestiere. Non è il sistema dei servizi sociali sotto esame, ma le persone attinte dalla misura”.

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