Uno dei passatempi preferiti delle comunità di espatriati è confrontare le lingue di ciascun paese e identificare le parole che sono comuni in un idioma e non trovano traduzione in un altro. Quando noi italiani facciamo questo giochino con gli anglofoni, ci sono due parole che generalmente balzano all’occhio: accountability e compliance. E infatti avrete notato che molto spesso in italiano si tende ad usare direttamente il termine inglese, in quanto non abbiamo una corrispondente parola nella nostra lingua. Per una traduzione corretta, infatti, dobbiamo rifugiarci in circonlocuzioni complesse ed elaborate, quali “rispetto delle regole” (per compliance) oppure “responsabilità verso cittadini, investitori, etc.” (per accountability).

La lingua è certamente lo specchio di come una società pensa e si comporta. I termini linguistici nascono in quanto le persone sentono la necessità di definire e nominare un concetto che diventa parte della loro vita e interazione sociale. Non è certamente un caso che il vocabolario italiano non preveda il corrispondente di queste due parole in quanto – e tra di noi possiamo dircelo tranquillamente – sono due concetti che generalmente non brillano in cima alle classifica delle priorità culturali del nostro popolo.

Lasciatemi condividere un esempio che viene dal paese in cui attualmente risiedo, l’Australia, che illustra in maniera semplice ed efficace cosa si intende quando si parla di accountability. Ogni anno, come tutti i cittadini, io pago le tasse. Verso la fine dell’anno fiscale (che qui va dal 1 luglio al 30 giugno) il governo mi manda quella che loro chiamano tax receipt, che trovate qui sotto. La ricevuta inizia con un ringraziamento da parte del governo per il mio contributo per l’anno passato. Una frase corta, che magari sembra non necessaria, ma che come cittadino apprezzo immensamente. Pagare le tasse è un dovere, e su questo non si discute, ma il governo ritiene comunque di ringraziare la comunità per aver rispettato la legge e contribuito alle casse statali attraverso il pagamento delle tasse.

Dopo averci ringraziato, il governo ci fornisce i dati sul livello di debito del paese (per quest’anno a 533 miliardi di dollari, contro i 501 miliardi dell’anno precedente, con più di 16 miliardi pagati come interessi sul debito). Sono dati a cui siamo estremamente abituati in Italia visto che se ne parla quasi ogni giorno, ma non ricordo di aver mai ricevuto una comunicazione diretta dal governo italiano condividendo questi dati con tutti i cittadini. Tali informazioni sono ovviamente reperibili online, ma questo comporta l’esclusione di quella parte di popolazione che, per mancanza di familiarità col web e/o di interesse specifico, non ricerca mai questa informazione.

Poi viene la parte più interessante della ricevuta, ossia il sommario dettagliato di come le mie tasse verranno spese attraverso i differenti capitoli di spesa, basato sulle previsione di spesa per l’anno in corso. Vi confesso che la prima volta che ho ricevuto questa comunicazione sono rimasto basito per il livello di precisione e dettaglio e penso/spero lo sarete anche voi. Nel corso degli anni, consultando questa semplice ricevuta, ho acquisito un’idea ben chiara delle scelte di investimento del governo e di come alcune politiche e priorità siano mutate nel corso del tempo. Il che, oltre a rendermi un cittadino informato e capace di indirizzare il proprio voto con maggior consapevolezza, permette a tutta la popolazione di scegliere le aree su cui focalizzare le proprie proteste, richieste e sforzi di advocacy a lobbying con il governo.

E’ un sistema semplice, economico e che a mio parere permette di fare un salto di qualità enorme nel rapporto istituzioni-cittadini, soprattutto su un tema così delicato e sensibile come l’utilizzo del denaro pubblico. E permette di applicare quel concetto di accountability dello Stato verso la popolazione che è estremamente caro (assai giustamente, per la verità) alla cultura politica anglosassone.

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