Vestito in quel modo sembrava quasi a disagio. Giacca e cravatta, quelle della società con una J grande sul petto. Si è presentato così  Maurizio Sarri nel primo giorno da allenatore della Juventus. Una versione inedita: mai nella sua carriera l’ex mister di Empoli, Napoli e Chelsea aveva abbandonato la fidata tuta da ginnastica. Motivo per cui la prima domanda della conferenza stampa organizzata allo Stadium è immediata: cosa indosserrà in campo Sarri? Sarà obbligato a vestire la divisa sociale, come faceva il suo predecessore, Massimiliano Allegri? O avrà una deroga: polo nero e tuta della squadra? “Parlerò con la società, non lo abbiamo ancora fatto, io preferirei non andare con la divisa sociale…”, spera Sarri. Che racconta un dettaglio del suo accordo triennale siglato con i bianconeri: “Chiaramente fuori dal campo indosserò la divisa, c’è scritto nel contratto. In campo, vediamo. L’importante è che a questa età non mi mandino nudo…”.

È in questo modo, con qualche battuta e un paio di impegni solenni, che scorre via un’ora di presentazione a suo modo storica. Tre anni di Antonio Conte, cinque di Allegri, otto scudetti totali prima di cambiare direzione e puntare sul bel gioco dell’acerrimo rivale. Anzi ex acerrimo rivale. Perché quello che si presenta all’Allianz Stadium è un allenatore che sembra avere molto poco a che fare col Che Gue Sarri partenopeo, col comandande che guidava Napoli e il Napoli al riscatto contro gli squadroni del Nord. Zero tituli ma un bel gioco epocale che aveva unito un intero popolo. Lo avevano ribattezzato “sarrismo“, ma lui nega di sapere di cosa si parli.  “Non so cosa sia. L’ho letto sulla Treccani ma io sono sempre stato così, cambiando grazie alle esperienze, ma rimanendo fedele ai concetti. Sono una persona diretta, forse anche troppo, e ciò porta a scontri, che sono però risolvibili”, si schernisce il Sarri  a strisce bianconere. Consapevole di aver fatto inferocire i suoi vecchi tifosi: “Sono contento di essere qui. Se è la mia scelta più rivoluzionaria? Non lo so, bisogna avere le idee chiare sul percorso. È il coronamento di una carriera lunghissima e a volte difficilissima, penso di avere rispettato tutti. E in questo atto, ora, devo rispettare la mia professione, la mia professionalità e il mio percorso. La Juventus è la società più importante in Italia, per me è il coronamento di una carriera lunghissima e difficilissima. Penso di avere rispettato tutti, anche nell’ultimo atto al Chelsea“. 

A Napoli, però, non l’hanno presa benissimo. “A Napoli mi stanno accusando di essere un traditore e se ho sentito qualche giocatore? Ho qualche messaggio che metterebbe tutto in discussione. Il giocatore fa delle dichiarazioni per convivere in un ambiente, poi i messaggi personali sono altri e con altri toni.  fatto un percorso al Napoli da cui sono uscito per scelta della società. Nella vita penso di aver rispettato tutti perché per chi ho lavorato ho dato il 110% e lo farò anche per questi colori. Può essere poco ma di più non posso fare”. Anche l’ambiente in cui è arrivato, però, è fortemente scettico: si aspettava Guardiola, è arrivato lui. Il capo dell’area tecnica, Fabio Paratici, assicura che è falso: “Avevamo le idee chiare sin dall’inizio ma bisogna avere rispetto di tutti i soggetti in campo, un allenatore sotto contratto, un grande club come il Chelsea. Abbiamo fatto una scelta pensando che la spinta propulsiva che si era creata tra allenatore, squadra, tifosi, potesse affievolirsi un pò non è stata certo dettata dai risultati che sono sotto gli occhi di tutti”. 

Anche il neo allenatore sa che a Torino ha un solo modo per convincere i tifosi: vincere, che da quelle parti è anche lo slogan del club. “Arrivo alla Juventus con scetticismo come dappertutto, dall’Empoli al Napoli fino al Chelsea. Ma vengo dalla storia mia ed è anche giusto che ci sia un minimo di rancore e scetticismo. Io conosco solo un modo per togliere lo scetticismo dalla gente: vincere e convincere, andare in campo e fare un buono spettacolo”. Il passato, però, è ingombrante come quel dito medio rivolto ai tifosi della Juve. “Fu un errore da parte mia, una reazione esagerata. Non ho niente contro i tifosi della Juve, sono stato sempre in panchina in mezzo ai tifosi senza problemi. Poi se in mezzo a 45.000 persone ci sono 20 stupidi che ti sputano e ti dicono terrone di merda, non dovevo reagire, ma non li considero tifosi della Juventus”, si scusa il neo allenatore bianconer. Che poi parla della caratteristica che per molti non possederebbe: lo stile Juve. “Non so cosa sia lo stile Juve, io ieri mi sono trovato a cena con amici e non ho visto etichette o differenze. Certe cose le ho dette, certe le ho sbagliate, altre sono state strumentalizzate. Ho visto in questi giorni una polemica sulle maglie a strisce che stanno strumentalizzando perché in realtà è una litigata con Orsato ed in realtà era dopo Empoli-Milan”.

Poi è tutto un unico complimento per la sua nuova società: “Cosa ho provato quando mi ha contattato la Juventus? Sensazioni forti. È una società determinatissima, non ho mai visto una società così determinata a prendere un allenatore in 30 anni di panchina. Mi ha convinto l’atteggiamento dei dirigenti, accompagnato dal nome che si portavano dietro, la determinazione e la compattezza, al primo approccio mi ha colpito il fatto di vederli molto uniti tra di loro e questo è importante. Lavori per un club ma il sentimento affettivo che ti porta a fare l’1% in più è il rapporto con le persone. Mi sono bastate un paio di cene con loro per capire che è un gruppo forte per compattezza, determinazione, mentalità”. Come giocherà la Juve di Sarri: “La mia filosofia resta la stessa, poi devo capire quanto posso portare e quanto va lasciato nelle mani dei giocatori e delle loro caratteristiche. Il mio modo di fare calcio è diverso, ma mi devo adattare e capire quanto il mio calcio può adattarsi alla Juve. Altrimenti diventa allenare se stessi. Se devo dire il mio parere vorrei vedere Pjanic toccare 150 palloni, ma bisogna vedere se si può mettere in condizione”. La Champions? “L’obbligo è quello di partire con l’obiettivo di vincere, con la consapevolezza che a livello europeo ci sono altre squadre con la stessa forza e andrebbe purtroppo accettato un risultato diverso”. Cristiano Ronaldo? “Ho allenato giocatori molto forti nel Chelsea, con Cristiano Ronaldo siamo a un livello superiore: è il top mondiale. Allenarlo è un’emozione, è un ragazzo che ha quasi tutti i record che si possono avere nel calcio mondiale. Mi piacerebbe incidere e fargliene battere qualcun altro”. Parole molto diverse da quelle usate dal comandante nel novembre di qualche anno fa. Con 18 uomini – disse – si poteva prendere fare la rivoluzione e prendere anche il palazzo. Adesso, nel palazzo è entrato: da solo e presidente eletto. La rivoluzione è chiamata a farla dall’interno.

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