Riccardo Realfonzo negli studi di Rai 3 al programma Fuori Tg decodifica per il grande pubblico i complessi meccanismi che spingono ogni volta la Commissione europea a chiedere al nostro Paese misure di austerità e di deregolamentazione del mercato del lavoro. Come spiega il direttore di economiaepolitica.it – commentando le eccellenti schede tecniche predisposte con la collaborazione di Davide Cassese – gli eurocommissari stimano la cosiddetta disoccupazione strutturale italiana (il Non-Accelerating Wage Rate of Unemployment, Nawru), ossia il livello teorico di disoccupazione che, sulla base delle caratteristiche strutturali della nostra economia, sarebbe compatibile con la stabilità dei salari e dei prezzi. Ed è in base alla distanza tra il livello effettivo della disoccupazione e questo tasso di disoccupazione strutturale che la Commissione europea compie le sue valutazioni.

Il livello stimato per l’Italia nel 2019 è pari addirittura al 10,2% e, secondo i discutibili modelli economici adottati dai tecnici di Bruxelles, nei casi in cui la disoccupazione effettiva si pone sotto quel livello si verrebbe a scatenare una dannosa inflazione. È essenzialmente per questo che quando la disoccupazione si avvicina al tasso strutturale, e dunque il Pil si avvicina al cossidetto Pil potenziale, la Commissione chiede misure di austerità, finendo col fare crescere la disoccupazione e arrestando la crescita, poiché le politiche restrittive hanno un inevitabile impatto negativo sulla domanda aggregata.

Ma la Commissione europea sottostima gli effetti restrittivi delle politiche di austerità e anche il fatto che esse finiscono con l’impattare drammaticamente sullo stesso tasso strutturale che si manterrebbe in Italia su livelli particolarmente elevati. Inoltre, la Commissione sostiene che il rapporto tra debito e Pil italiano dovrebbe essere abbattuto drasticamente, e portato nel lungo periodo al valore del 60% del Pil, ritenendo che i consolidamenti fiscali (tagli alla spesa pubblica e aumenti della pressione fiscale) siano la strategica più adeguata per raggiungere questa finalità. Ma anche questa conclusione è fortemente controversa, basti pensare che l’Italia ha condotto in questi anni ampi consolidamenti fiscali senza alcun miglioramento del rapporto tra debito e Pil.

Realfonzo sottolinea che anche i tentativi di ridurre la disoccupazione strutturale seguendo le indicazioni della Commissione europea sono stati inefficaci. Secondo Bruxelles, infatti, la disoccupazione strutturale può ridursi solo con riforme strutturali nella direzione della deregolamentazione del mercato del lavoro. La realtà, però, ci dice ben altro. Anni di politiche volte alla flessibilizzazione del lavoro in Italia hanno portato solo precarietà e caduta dei salari, con conseguenze negative sulla domanda aggregata e sull’occupazione.

La preoccupazione espressa da Realfonzo in conclusione è che il governo possa trovare un accordo con la Commissione per evitare la procedura di infrazione relativa alla regola del debito, ma che i problemi del Paese restino con ciò irrisolti e si aggravino ulteriormente.

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