Egregia signora ministra,

come Le è noto il disagio maggiormente lamentato dai cittadini utenti del Servizio Sanitario Nazionale è dato dai lunghissimi tempi di attesa per ottenere visite specialistiche o esami diagnostici. Questa situazione, pur con qualche differenza, coinvolge molte regioni.

Purtroppo in Regione Lombardia la situazione peggiora sempre più sia per la mancata sostituzione del personale medico andato in pensione, sia per manovre a nostro parere peggiorative dell’assistenza sanitaria, come le varie delibere sui malati cronici. Quasi nessun ospedale o struttura sanitaria in Lombardia effettua visite ed esami nei tempi stabiliti: entro 72 ore per le visite urgenti (codice “U”); 10 giorni per il codice “B” (breve); 30 giorni per le visite e 60 per gli esami con codice “D”; entro 180 giorni per una visita programmabile (codice “P”). A causa di ciò spesso gli interessati rinunciano alle cure o, chi può, si rivolge a specialisti o a strutture sanitarie private pagando direttamente le prestazioni o utilizzando eventuali assicurazioni private, che poi sono le soluzioni desiderate del circuito politico-affaristico che governa la Lombardia.

Poiché riteniamo possibile migliorare tale situazione, sottoponiamo alla Sua attenzione, alcune proposte nate dalla lunga esperienza maturata nell’esercizio della nostra professione ed elencate di seguito. A nostro parere sarebbe necessario:

1. affrontare il “problema Cronici” con un semplice accorgimento: fissare, come avveniva in passato, già al momento di una visita e/o in occasione della dimissione ospedaliera, l’appuntamento per la successiva visita di controllo; si risparmierebbe così tempo, denaro e il paziente sarebbe sicuro di essere seguito dallo stesso specialista o almeno dalla stessa equipe;

2. collegare l’Intramoenia, cioè la libera professione svolta dai medici ospedalieri dipendenti di ospedali pubblici, all’inesistenza di liste di attesa e allo svolgimento di tali visite private in orari pomeridiani o al sabato, in modo da non intralciare la normale attività ambulatoriale del SSN;

3. considerare l’abbattimento delle liste d’attesa come uno dei principali criteri di valutazione nella scelta e nella conferma dei Direttori Generali delle ASL (in Lombardia sono le attuali ATS) e degli Ospedali, non limitandosi, come avviene attualmente, al solo pareggio di bilancio. Peraltro l’efficienza e l’efficacia dei servizi sanitari da parte dei Direttori Generale è previsto dal Decreto leg.vo 502/92;

4. negare la convenzione a quelle strutture private, anche già accreditate, che non rispettano i tempi di prenotazione, che non mettono a disposizione del SSN un numero minimo, inserito nella convenzione, di esami e visite all’anno. Inoltre, poiché tali strutture spesso si avvalgono di specialisti dipendenti degli ospedali pubblici, sarebbe bene che ciò venisse svolto in orari e con modalità tali da non intralciare la normale attività istituzionale svolta dalle strutture sanitarie pubbliche;

5. abolire i tetti di spesa, o almeno sostituirli con forme di controllo più consone alle reali necessità della popolazione; attualmente consistono in budget annuali (calcolati in base alla spesa dell’anno precedente) assegnati agli ospedali in modo rigido: il risultato è che in Lombardia ad ottobre i budget vengono esauriti, con conseguenti aumenti dei tempi di attesa e quindi delle liste di attesa, e tranne per i casi urgenti, le visite e gli esami vengono rinviati all’anno successivo.

Un altro provvedimento indispensabile al fine di correggere la progressiva riduzione del personale medico, che è una delle ragioni del deficitario funzionamento del SSN e del formarsi delle liste di attesa, consiste:

6. nell’eliminazione del numero chiuso a Medicina e alle scuole di specialità. Si ricorda che anche in questo caso l’introduzione del numero chiuso è un provvedimento degli ultimi anni.

Infine noi crediamo che per valutare la sostanza e il peso dei disservizi segnalati non ci si possa fidare dei “report” che arrivano dalle regioni: meglio sarebbe se Lei potesse inviare degli ispettori e/o far effettuare indagini “a campione” da soggetti indipendenti, presso le varie strutture sanitarie in modo da poter adottare adeguati provvedimenti concreti.

In attesa di una sua risposta, cordialmente.

Dr. Vittorio Agnoletto, medico chirurgo e dr.ssa Albarosa Raimondi, medico chirurgo

Articolo Precedente

La politica non conosce l’economia: la subisce e basta. Ora servono le ‘idee-forza’

next
Articolo Successivo

Usa, la banca centrale valuta di ricorrere al Qe in modo massiccio. Di nuovo

next