Si dice che nei rapporti di coppia il settimo anno sia quello che mette più a dura prova l’unione tra i partner. Essendo sette anni calcistici addirittura più usuranti di sette anni in coppia, i dati suggeriscono che in molti casi le rotture, parliamo di quelle tra presidenti e mister, arrivano ben prima. In casa Napoli, dall’avvento di Aurelio De Laurentiis e con rarissime eccezioni, il copione è spesso identico: grandi passioni in fase iniziale, innamoramenti che portano a giuramenti di amore eterno il primo anno per poi arrivare agli scricchiolii già al secondo e a rotture più o meno dolorose. Preoccupante, oggi, è qualche segnale che, nonostante l’amore dichiarato a più riprese, arriva anche in merito al rapporto con Carlo Ancelotti.

Ma partiamo dal passato: sempre dichiaratamente alla ricerca dell’amore eterno, che nell’idea di De Laurentiis è rappresentato calcisticamente da sir Alex Ferguson e dalla sua lunghissima e gloriosa esperienza alla guida del Manchester United, il presidente, sempre al primo anno e per tutti gli allenatori avuti tranne due (Ventura e Donadoni), si è detto sicuro di un rapporto duraturo e indissolubile.

Così è stato con Edy Reja, così fu con Walter Mazzarri, così con Rafa Benitez e Maurizio Sarri e così, in forma addirittura maggiore, è stato con Ancelotti. Con tutti, però, dopo le dichiarazioni d’amore si è assistito a una casistica quasi standard del deterioramento del rapporto: punzecchiature in interviste e dichiarazioni, litigi furiosi e infine l’addio.

Con Reja ad esempio (mister con cui oggi il presidente conserva un buon rapporto), dopo le dichiarazioni d’amore che hanno accompagnato il periodo della doppia scalata dalla C alla A, in seguito ad alcune sconfitte subite si parlò addirittura di contatto fisico negli spogliatoi (versione poi confermata anni dopo da senatori azzurri di allora. come Sosa e Montervino) e di vari scontri, fino all’esonero del 2009.

Tormentato anche il rapporto con Mazzarri, sempre dopo il primo periodo di entusiasmo presidenziale per la grinta di Mazzarri, per le rimonte clamorose e ovviamente per lo storico accesso in Champions: l’affiatamento termina quando il toscano comincia a sottolineare che per qualità e costo della rosa quanto fatto rappresentava un miracolo (da ricordare che si arrivò quasi ai quarti di Champions ai danni del Chelsea futuro campione d’Europa con Gargano, Campagnaro, Aronica) e che di più non si sarebbe potuto, a meno di grossi investimenti.

E quasi per far dispetto in questo senso all’allenatore precedente, a Benitez, successore di Mazzarri, grazie anche ai milioni della cessione di Cavani, De Laurentiis regalò una campagna acquisti sontuosa: Higuain , Albiol, Reina, Callejon, Mertens, che permisero allo spagnolo di disputare un’ottima stagione spingendo De Laurentiis ancora una volta a credere di aver trovato il suo Ferguson.

Il secondo anno però anche questo rapporto si rompe: il mancato accesso alla Champions, complice la sconfitta con l’Atletico Bilbao nel preliminare, impedisce un calciomercato estivo all’altezza (arrivarono Michu, David Lopez e Koulibaly, che allora era ben lontano dai livelli odierni): i cattivi risultati in campionato (la squadra arrivò quinta) portarono il presidente a continue punzecchiature al mister, accusato di lassismo e di poca competenza calcistica (“Voleva Damiao mentre io presi Higuain”, disse Adl), raccolte con signorilità da Benitez, serafico nella sua massima de “Il calcio è bugia” (che ricorrerà poi).

Fu il turno poi di Sarri, preso a sorpresa, difeso a spada tratta nel difficile inizio, esaltato quando il “sarrismo” conquistò tifosi e appassionati, criticato quando era diventato un vero e proprio idolo soprattutto delle curve: da ricordare l’attacco di De Laurentiis al toscano nel post Real Madrid-Napoli, mai andato giù né a Sarri né ai leader dello spogliatoio come Reina. Anche con il toscano la rottura fu dolorosa, con l’annuncio di Ancelotti prima e le difficoltà a liberare il mister toscano per il Chelsesa poi.

Infine Ancelotti, forse l’allenatore che più ha coinvolto emotivamente De Laurentiis che continuamente ne ha tessuto le lodi durante il campionato, difendendolo da chi, tracciando un bilancio con l’esperienza sarrista si diceva deluso da Carletto.

Durerà? Dalle dichiarazioni, ad oggi, nulla lascerebbe pensare il contrario, eppure almeno un’alzata di sopracciglio di Carletto sembrerebbe ci sia stata. Causa: il mercato, manco a dirlo. Il mister avrebbe chiesto investimenti, ovviamente commisurati alla forza della società , per competere (d’altronde ha più volte dichiarato “Non sono qui a pettinare le bambole”), mentre Adl è un notorio sostenitore degli acquisti prospettici, giovani e low cost. Non un litigio però, ma forse una diversità di vedute. Il tutto condito da una citazione beniteziana di Katia Ancelotti, figlia del mister, che nei giorni in cui trapelava l’indiscrezione, vera o presunta, delle distanze createsi tra Aurelio e Carletto su Instagram scriveva appunto “Il calcio è bugia”.

Tuttavia, dai nomi che trapelano oggi sul fronte calciomercato sembrerebbe esser passata la linea di Ancelotti: se arrivasse uno tra Lozano e James Rodriguez si parlerebbe a tutti gli effetti di top player. D’altronde è noto: in vari casi un gioiello può essere un ottimo rimedio a una crisi coniugale.

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