“Alcune parole che riempiono giornali e tv non vengono mai citate: populismo, migranti, disuguaglianza”. La cronaca asciutta e precisa di Stefano Feltri sull’incontro di Bilderberg, pubblicata su Il Fatto Quotidiano il 4 giugno, illumina le difficoltà di papa Francesco nel suo ruolo di leader religioso, voce etica a livello geopolitico.

Bilderberg non è l’unico forum internazionale in cui si incontrino annualmente uomini di potere, politico ed economico, vecchi saggi e “influenzatori” a vario titolo, compresi alcuni provenienti dai mass media. Ha una sua aura di misteriosa riservatezza, ma questo è un dettaglio. Il punto è che per 130-150 personalità che “contano” a livello planetario (quest’anno erano stati invitati anche il segretario di Stato americano Mike Pompeo e il genero di Donald Trump Jared Kushner) populismo, migranti e disuguaglianze sono fenomeni invisibili.

Per questa sfera di potere, capace di influenzare la scena internazionale con le sue opinioni e interazioni, non è interessante l’affermarsi in Europa e non solo in Europa di regimi fanaticamente xenofobi, che scardinano i principi base delle democrazie liberaldemocratiche e sociali. Non è interessante che un simile mix di illiberalità, clericalismo, nazionalismo e xenofobia raccolga in Italia oltre un terzo dell’elettorato. Per questo ceto politico ed economico non sembra allarmante il diffondersi di un clima di odio sociale, che attacca ossessivamente il “diverso” (nero, islamico, omosessuale). La storia si ripete. Per molti, per troppi, le persecuzioni antisemite, esplose tra le due guerre mondiali, non erano in agenda.

In questo quadro Francesco assomiglia a quei profeti inascoltati della tradizione biblica. Bergoglio è tenace nel denunciare i politici che seminano odio. Tenace nel ribadire che stanno riemergendo fenomeni, creduti appartenenti a un passato remoto: e cioè le tendenze a voler escludere aggressivamente dalla partecipazione sociale determinati gruppi ed etnie. Da parecchio tempo Francesco mette in guardia dal montare di un’onda ideologica, che ricorda il nazionalismo isterico e la xenofobia persecutoria tra le due guerre mondiali. Ancora pochi giorni fa è tornato a spendersi “contro ogni discriminazione e per il rispetto delle persone di qualsiasi etnia, lingua e religione”.

Con la stessa tenacia il pontefice argentino batte e ribatte sul tema dell’immigrazione, cruciale dell’epoca contemporanea, questione di vita e di morte per milioni di esseri umani che – come ha detto una volta – non cercano nemmeno una “esistenza migliore” ma cercano semplicemente di esistere. Non si tratta di buonismo astratto e melenso come accusano i suoi avversari. E’ un fenomeno dinanzi al quale è assurdo chiudere gli occhi. L’Organizzazione mondiale della sanità registra 258 milioni di migranti nel mondo. Sessantacinque milioni sono stati cacciati dai loro paesi, 25 milioni hanno lo status ufficiale di rifugiati, dieci milioni sono “nessuno”, senza nazionalità e privi di qualsiasi diritto di accesso a servizi primari nel campo dell’istruzione e dell’assistenza.

Di questa massa fanno parte anche i 21 milioni di esseri umani di entrambi i sessi, vittime della tratta schiavistica, fra cui 5 milioni e mezzo di bambini. Oggetto di sfruttamento lavorativo o sessuale. I “nuovi schiavi”, come li chiama Francesco. Anche questa popolazione enorme, carica di sofferenze, “non interessa”. Non è un dettaglio che Trump abbia rifiutato di firmare il patto sui migranti delle Nazioni Unite e che Matteo Salvini abbia imposto al governo italiano di fare lo stesso.

Quanto alle disuguaglianze, i ceti di potere hanno sempre meno voglia di parlarne. Il solo nominarle da parte del pontefice suscita fastidio. Ad eliminarle ci penserà la “crescita” : il mantra ipocrita di chi ignora che di anno in anno i super ricchi diventano sempre più ricchi. E che di anno in anno la stragrande quota degli incrementi di ricchezza premia sistematicamente chi è già super possidente. Nel 2014 un’ottantina di individui possedeva quanto la metà del pianeta. Nel 2019 soltanto 26 persone possiedono quanto i tre miliardi e 800 milioni degli abitanti più poveri del globo.

Al tema delle disuguaglianze – anche come rischio per la democrazia – la pontificia Accademia delle Scienze sociali e il suo cancelliere, monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, dedicano da tempo grande attenzione. L’ultimo evento è stata la riunione avvenuta in Vaticano del vertice panamericano dei giudici. Siamo in presenza, ha detto realisticamente Francesco, di un deterioramento dei diritti sociali. Però “non c’è democrazia con la fame, né sviluppo con povertà, né giustizia nelle disuguaglianze”.

Nei sondaggi Francesco registra alti consensi. Ma in settori consistenti delle classi dirigenti economiche e politiche, ubriacate da una globalizzazione senza regole a cui si contrappone talvolta un sovranismo ispirato comunque al liberismo selvaggio, il Papa non gode affatto di apprezzamenti. E’ molto isolato. La destra ecclesiale e le destre economiche – ripetono in Vaticano i sostenitori di Bergoglio – si sforzano congiuntamente di porre fine a un pontificato che dà fastidio. Lo scontro in atto dentro e fuori la Chiesa cattolica costituisce lo snodo attuale del pontificato.

A “La Solitudine di Francesco” ho dedicato il mio ultimo libro (ed.Laterza). Quanto è solo Francesco in questo mondo inquieto? Ne parleremo con padre Federico Lombardi, la direttrice di Huffington Post Lucia Annunziata, l’ex ministro ed economista Fabrizio Barca e la teologa Marinella Perroni nella sede della SIOI – Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Martedì 11 giugno ore 17,30, Piazza San Marco 51.

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