Tre mesi di carcere, con pena sospesa, per concorso in omicidio colposo aggravato. È questa la condanna che il gup di Ancona, Paola Moscaroli, ha inflitto con rito abbreviato ai genitori di Francesco, il bambino di 7 anni di Cagli , in provincia di Pesaro Urbino, morto il 27 maggio 2017 per un’otite batterica bilaterale che la coppia decise di curare con l’omeopatia affidandosi alle cure del medico pesarese Massimiliano Mecozzi, anche lui imputato, che aveva consigliato prodotti omeopatici invece degli antibiotici per lenire l’otite del bambino poi degenerata in una encefalite. Il gup ha rinviato a giudizio il medico, per il quale si procederà con rito ordinario. I difensori hanno preannunciato ricorso in appello contro la condanna dopo aver letto le motivazioni della sentenza. “C’è amarezza, ma crediamo ancora nella giustizia”, ha commentato il nonno materno di Francesco.

Le richieste del pm Daniele Paci erano state di tre mesi per ciascun genitore e il rinvio a giudizio per Mecozzi. Il medico, assistito dall’avvocato Fabio Palazzo, sostiene di non aver imposto la cura omeopatica, oltre all’assenza di un nesso causale tra la sua condotta e la morte.

Il bambino era stato curato con presidi omeopatici per l’otite che poi era degenerata in encefalite. Inutile il trasferimento d’urgenza da Urbino all’ospedale “Salesi” di Ancona, dove il piccolo era arrivato in gravi condizioni: sottoposto a intervento nella notte tra il 23 e il 24 maggio 2017, era deceduto tre giorni dopo.

I genitori affermano di non avere un approccio “integralista” contro la medicina tradizionale e che invece erano preoccupati che il figlio, soggetto a frequenti malanni, fosse continuamente sottoposto a cure antibiotiche. Motivo che li avrebbe spinti a rivolgersi a Mecozzi anche perché dalle cure omeopatiche avevano tratto benefici in passato.

Le condizioni di Francesco, sostiene la difesa, erano state altalenanti, tra miglioramenti e peggioramenti, tanto da non rendere pienamente percepibile la gravità della situazione. Padre e madre, ha fatto presente il difensore, portarono due volte il piccolo in visita dal medico che, secondo loro, in base alle sue competenze avrebbe dovuto capire l’evoluzione negativa della situazione.

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